Maria Falcone: ''La mafia un problema europeo''
Pino Arlacchi: ''Sconfitta quella che sfidava lo Stato''
L’AQUILA - “Credo che la strada l’abbia indicata più di vent’anni fa mio fratello Giovanni Falcone, fu uno dei primi a capire che la mafia non era un problema soltanto italiano ma transnazionale e che per combatterlo era necessaria la collaborazione di tutti gli Stati europei”.
Così Maria Falcone, sorella del magistrato Giovanni, assassinato dalla mafia il 23 maggio 1992, a margine del convegno dal titolo “Che cosa significa essere europeo? Giovanni Falcone e il contributo dell’Italia alla Legalità internazionale”, che si è svolto nel pomeriggio all’Aquila alla presenza di molti giovani.
“Naturalmente 20 anni fa non c’era tutta questa organizzazione europea che abbiamo oggi, quindi io penso che anche se Giovanni e Carla Del Ponte furono antesignani di questa lotta internazionale, credo che i mezzi attuali siano più propizi per poter fare una lotta al crimine organizzato proprio a livello europeo - ha continuato - Credo che gli altri Paesi europei ancora non si rendano completamente conto e stiano adesso iniziando a capire che è un problema che potrebbe diventare ancora più pericoloso negli anni futuri, quindi è bene lavorare a livello preventivo”.
“Questo è quello che mi venne chiesto anche nelle città del nord italiano. La mafia è un problema internazionale, non un problema siciliano, calabro o campano. Questa è una questione che gli Stati Uniti hanno capito molto e che tanto aiuto diedero a Giovanni per combatterlo a livello internazionale. Io spero - ha concluso - che l’Europa adesso lo capisca”.
ARLACCHI: “SCONFITTA LA MAFIA VIOLENTA DELLA SFIDA DIRETTA”
“Il colpo che ha dato Giovanni Falcone, insieme con Paolo Borsellino a Cosa Nostra è stato decisivo; la mafia terroristica, la mafia del sangue e della violenza è stata sconfitta, purtroppo però sopravvive sotto forme più insidiose ma ha dovuto rinunciare al suo progetto di sfida diretta allo Stato”.
Così Pino Arlacchi, sociologo e autore di molti libri di successo sulla mafia, intervenendo al convegno.
“Provenzano è rimasto nascosto così a lungo - ha continuato l’ex vice presidente della commissione Antimafia, ex parlamentare ed ex vice segretario Onu - perché lo Stato per lungo periodo di tempo era pervaso di complicità con la mafia, non si voleva fare la lotta alla mafia”.
“Il grande contributo di Falcone e Borsellino per tutta una generazione di magistrati e uomini di legge è stato quello di rompere questa complicità, una parte dello Stato è riuscito in certi momenti anche a vincere la lotta contro la mafia dimostrando che la mafia è morte e violenza, togliendo consenso alla mafia - ha proseguito - perché la forza principale della mafia in passato era la popolarità, il fatto che la gente in Sicilia e Calabria e nel resto del Sud, la riteneva un’espressione giusta e valida della cultura e dei sentimenti popolari”.
Per Arlacchi, “tutto questo è andato in pezzi, è stato distrutto, dall’azione più che decennale di questi uomini di legge accompagnati però dalla società civile. Ci sono state tante persone che sono morte , tanti giornalisti e persone normali, funzionari che nessuno oggi ricorda che facevano il loro dovere - ha detto ancora - e sono stati uccisi dalla delinquenza mafiosa e dalla politica corrotta, alla fine però un risultato l’hanno portato: oggi la mafia è sulla difensiva, la mafia terroristica è stata sconfitta, abbiamo un grande problema di corruzione pubblica collegata con la mafia, una mafia diventata più nascosta e più insidiosa, più sommersa”.
“MA NEL PALAZZO LA MAFIA C’E’ ANCORA”
“Nel Palazzo, la mafia c’è ancora, si coprono di più, si difendono, perché non si possono dichiarare apertamente mafiosi come facevano 30 o 40 anni fa in cui abbiamo avuto perfino dei magistrati che dicevano che in fondo in fondo Cosa nostra era una buona cosa - ha spiegato ancora Arlacchi - Queste persone sono scomparse ma sono diventate più insidiose, si nascondono, fanno favori e fanno affari con la mafia senza dirlo”.
“Quando vengono presi dichiarano di essere vittime di complotti politici, ma la cultura mafiosa è morta e distrutta, grande risultato di Falcone e Borsellino ma anche di milioni di persone che si sono ribellate soprattutto in Sicilia, in Calabria e altrove e che oggi vengono ingiustamente svalutati quando si esagera nei media dicendo ancora che la mafia è onnipotente e che la cultura mafiosa è ancora dominante. Bisogna stare molto attenti, sono passati 20 anni e Falcone e Borsellino non sono morti per nulla”.
Per il sociologo ed ex parlamentare, “senza dubbio, oggi discutiamo del contributo internazionale di Giovanni Falcone, contributo alla lotta contro la mafia che abbiamo fatto diventare mondiale con la Convenzione di Palermo del 2000, firmata da 123 Paesi e che rappresenta il contrasto più forte che esiste oggi a livello mondiale della mafia”.
“Questo è uno dei risultati del lavoro di Falcone. Chi lo vuole far passare per un eroe coraggioso e indomito ma in fondo molto ingenuo - ha concluso - che si batteva contro poteri più forti di lui, sbaglia”.