Afghanistan, Arlacchi: "non riescono a evitare vittime civili".
La Gazzetta del Mezzogiorno, 14 apr. 2010
Intervista di Benedetto Sorino
«Purtroppo sono stato un buon profeta». A prevedere con certezza la cacciata di Emergency dalla provincia di Helmand era stato Pino Arlacchi, eurodeputato alla guida della delegazione parlamentare per le relazioni con l'Afghanistan; sociologo e tra i massimi esperti di mafia e traffici di droga è stato anche vice Segretario generale dell'Onu.
In questa intervista Arlacchi non nasconde la sua amarezza, appena appresa la notizia che l'ospedale di Lashcar-Gah è ora nelle mani delle autorità afghane. «Gli americani e i loro alleati - dice - hanno capito che non riescono a procedere alla conquista militare senza fare vittime civili. Per questo i medici e tutti gli operatori di Emergency sono testimoni scomodi».
Professore, forse il governo italiano era già al corrente di questo esito preordinato? E perché ha agito in quel modo tanto criticato da Gino Strada, non assumendo una ferma posizione a favore dei tre italiani incarcerati?
Il governo non sapeva nulla e non doveva assolutamente esitare, come ha fatto, avallando le ambiguità afghane. Soltanto in un Paese come il nostro, un ministro degli Esteri, di fronte all’arresto di tre connazionali e a quelle accuse, dice: «Prego che non sia vero». Il suo compito - accade normalmente in tutti gli altri Paesi civili - è invece quello di difendere i propri connazionali fino a prova contraria e a prescindere, ovviamente, dal loro colore politico.
Le imputazioni, poi ridimensionate, restano gravi.
Gli uomini di Gino Strada in un complotto al fianco dei talebani? M’è sembrato subito molto improbabile.
Gli americani registi della cacciata di Emergency, lei presume. Ma ad agire sono stati i servizi segreti afghani.
Certo, e l’hanno fatto di buon grado. Detestano Emergency da quando ha svolto quella mediazione per la liberazione del giornalista Mastrogiacomo. Ma l’ordine molto probabilmente è giunto proprio dai generali Usa.
S’è detto di una serie di successi militari importanti? Che bisogno c’era di mandare via testimoni scomodi?
Innanzitutto l’Afghanistan è tornato al primo posto dell’agenda internazionale. Il presidente Obama vuole ottenere al più presto dei risultati perché in autunno si vota per il Congresso Usa. Quindi sta accelerando mettendo in campo una mole straordinaria di risorse anche finanziarie. E una nuova strategia.
Come spiegarla?
In breve direi: vittime civili zero. Un mese fa ero in Afghanistan e me l’hanno illustrata al comando Usa del generale McChrystal. Puntano su conquiste militari, stabilizzazione e aiuti economici alla popolazione. Che non possono assolutamente inimicarsi facendo vittime civili. La cosa più importante non è quanti talebani riescono a catturare o uccidere, ma quanti afghani passano dalla loro parte. E sperano che il dialogo tra Karzai e i talebani moderati proceda davvero.
Le vittime civili invece ci sono ancora, e in gran numero.
Il capitolo Emegency getta un’ombra su tutto. È come un’ammissione che quella strategia non funziona. A questo punto dobbiamo prepararci ad avere molti morti innocenti. La presenza di Emergency lo avrebbe in qualche modo certificato. Obama non può permettersi di perdere un’altra volta ad Helmand, ogni elemento di disturbo, anche piccolo, va cancellato.
Cosa non ha funzionato?
Le forze speciali Usa non sono in grado di combattere senza seminare morte tra la gente, non sono addestrate a farlo. E questo significa anche che la popolazione potrebbe non passare mai dalla parte dell’lsaf. Il rischio di un fallimento è alle porte.
Non basterà il risarcimento ai familiari delle vittime?
Ne dubito. A proposito sa quanto viene elargito? Tra mille e duemila dollari per ciascuna vittima.
A maggio lei presenterà all’Europarlamento il suo piano per estirpare le coltivazioni di oppio e sostituirle con altre colture. La stessa iniziativa varata quand’era vice Segretario generale dell’Onu che non funzionò?
Funzionò benissimo invece, dimostrando che è possibile dare una nuova speranza ai contadini afghani e dare un colpo al narcotraffico, che a sua volta finanzia il terrorismo. Ma a un certo punto tutto fu abbandonato quando gli americani, nel novembre del 2001, invasero l’Afghanistan.
Ci sono oggi le risorse per realizzare il piano?
Sì, ora non mancano perché l’Afghanistan non è più marginale negli equilibri internazionali. Basterebbero cento milioni di dollari all’anno per cinque anni, cioè appena il 10 per cento dell’aiuto civile offerto dall’Europa. Pensi che la comunità mondiale destina complessivamente ben 5 miliardi di dollari all’anno.
L’Afghanistan resta tuttavia un Paese molto povero.
Si muore per l’estrema indigenza più che per la guerra. Mentre l’80 per cento degli aiuti internazionali non arriva alla popolazione e prende altre strade, è questo il vero scandalo.