(ANSA) - Catanzaro, 9 gen. 2013 - ''La relazione Pisanu sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia del 1992-93 sgonfia d'un colpo il pallone dell'inchiesta della Procura di Palermo riducendo la portata di quei fatti alla loro effettiva dimensione. Non ci fu alcun patto scellerato tra i vertici dello Stato da un lato - Scalfaro in testa e giu' per li rami fino ai carabinieri di Mori - ed i vertici di Cosa Nostra dall'altro'': cosi' Pino Arlacchi, tra i maggiori conoscitori della grande criminalita' ed amico dei giudici Falcone e Borsellino.
''Ci fu - dice Arlacchi - uno dei tanti pastrocchi tra guardie e ladri, elevato dalla reciproca millanteria a scambio politico di prima grandezza. Da una parte agiva un gruppo di carabinieri spregiudicati privi di alcuna copertura politica, e dall'altra c'era un mafioso in disarmo come Vito Ciancimino che cercava di accreditarsi come rappresentante di Cosa Nostra. Entrambi trattavano di cose che non erano intitolati a trattare, e venivano percio' osservati con ilarita' dagli investigatori seri della polizia di Stato e delle Procure. La non-trattativa fu in definitiva un episodio minore di quella stagione, segnata invece dallo scontro irriducibile e senza possibilita' di mediazione tra uno Stato nel quale prevalevano per la prima volta le forze della legalita' da un lato, ed una mafia alle corde, che giocava il tutto per tutto dall'altro. La paura di Cosa Nostra era condivisa dalle altre forze della grande delinquenza annidate nei servizi di sicurezza, nella magistratura e nella politica. Queste forze suggerirono a Cosa Nostra la strategia stragista, e l'aiutarono ad attuarla''. ''Se invece di costruire la bufala della trattativa si fossero indagati questi ambienti, si sarebbero raggiunti ben altri risultati. Erano le componenti della connection che faceva capo a Giulio Andreotti che andavano indagate. Si e' preferito invece dedicarsi ad infangare la reputazione di persone perbene come Scalfaro, Mancino e Conso, mescolandoli a criminali professionisti e personaggi equivoci sulla base di testimonianze mendaci e pentiti inattendibili'', conclude Arlacchi.