3 gen. 2013
di Pino Arlacchi
I fan di Antonio Ingroia sono allarmati. I cronisti che negli ultimi anni hanno visto il loro status lievitare sulle, chiamamole così, indiscrezioni della Procura di Palermo fino al punto da fare invocare la separazione anche delle loro carriere da quelle degli inquirenti, non capiscono bene cosa stia succedendo. Altri prendono le distanze dagli attacchi a testa bassa che il loro ex eroe sferra contro l'establishment istituzionale e contro l'antimafia responsabile e legalitaria che l’ha finora tollerato. Ma pochi si rendono conto della coerenza delle posizioni espresse dal pm siciliano. Si tratta in realtà di una narrativa politica organica da considerare come tale, e da non liquidare sommariamente. Dopo avere concluso un’inchiesta che accusa i vertici "puliti" dello Stato - quelli del 1992-93 guidati da Oscar Luigi Scalfaro - di avere condotto una sordida trattativa con Cosa Nostra nello stesso momento in cui dichiaravano di volerla distruggere, trattativa che sarebbe costata addirittura la vita di Borsellino, Ingroia ha alzato il tiro. Ha accusato la Corte Costituzionale di avere emesso una sentenza politica dandogli torto in un conflitto con il Presidente della Repubblica. Napolitano è stato accusato a sua volta dalla muta giornalistica pro-Ingroia di coprire i reati commessi da un suo sodale della Prima Repubblica, Nicola Mancino, ministro dell’Interno durante la cosiddetta trattativa. Che sarebbe perciò l'atto fondante di una seconda Repubblica nata sulla menzogna e sul compromesso tra Berlusconi e la sinistra 'normale'.
La terza Repubblica starebbe ora nascendo marchiata da questi vizi originari: come interpretare altrimenti la posizione non abolizionista della mafia e di ossequio alla ragion di Stato professata da Bersani scegliendo Grasso e non Ingroia stesso a rappresentare l’antimafia nel prossimo Parlamento? Come si spiegherebbe altrimenti la candidatura a ministro della Giustizia di un personaggio capace di garantire sia il compromesso con Berlusconi che la copertura della Menzogna Fondamentale?
Grasso si è sempre trovato al posto giusto nel momento giusto durante gli ultimi vent’anni dell’antistoria d’Italia. È tra i pochissimi in grado di padroneggiare una materia obsoleta, ostica, resa intricata dall’imperizia di varie indagini. È la figura ideale per impedire la ricerca della verità (cioè la conferma di ciò che pensano Ingroia, Travaglio e soci) sulla stagione delle stragi. Nessuno vuole sciogliere il grumo forte dei rapporti tra Stato e mafia. Nemmeno la sinistra “normale.” Il perché chiedetelo agli autori di questa narrativa. Solo loro lo sanno.
Questa è la piattaforma politica del candidato premier Antonio Ingroia. La sua logica è tanto cogente quanto deboli sono i suoi contatti con la realtà. Potete stare sicuri, perciò, che questa storia continuerà. Ma non sarà facile darla a bere agli elettori. Che non hanno mai premiato, finora, l'antimafia paranoide.