(AGI) - Caltanissetta, 22 apr. 2014 - "Dopo la morte di Falcone, Borsellino era consapevole di quello che sarebbe successo e che l'eredità investigativa di Falcone sarebbe ricaduta sulle sue spalle. Avevamo una mappa della mafia ben precisa e in questa mappa c'era anche il gruppo andreottiano che comprendeva i fratelli Lima. Borsellino sapeva che prima o poi fra Stato e mafia si sarebbe arrivati alla resa dei conti". Lo ha detto il professore Pino Arlacchi, ex consulente della Dia, deponendo a Caltanissetta, nel processo Borsellino quater.
Secondo Arlacchi, "Borsellino impegnava tutto se stesso nella lotta alla mafia ma aveva anche una visione pessimista su questa partita. Non so fino a che punto ci credeva veramente ma con gli strumenti che avevamo a nostra disposizione, come il 416 bis, il sequestro dei beni, non si poteva piu' tornare indietro. Non c'erano i margini della vecchia mafia che si accordasse con la politica. Borsellino sapeva che lo scontro con lo Stato era inevitabile. Loro da una parte e noi dall'altra". Il teste ha anche detto che Borsellino non manifestò mai scoramento per sentirsi tradito: "Non era il tipo che si lamentava facilmente".