Terra, 18 dicembre 2010
di Annalena Di Giovanni
AFGHANISTAN. L’Europarlamento vota a favore della mozione dell’italiano Arlacchi. L’Ue deve aiutare gli afgani a rimettere in piedi l’economia con un’agricoltura alternativa all’oppio.
Ricominciare dalla diplomazia: è la nuova svolta afgana decisa mercoledì dal parlamento europeo a Strasburgo, poche ore prima che a Washington il presidente amerciano Barack Obama cominciasse a tirare le somme della strategia del Pentagono. E mentre Obama cercava di tracciare un bilancio positivo sull’invio di 30mila ulteriori soldati per la Missione AfPak, mettendo in risalto i risultati militari in seguito alle operazioni nella roccaforte talebana di Kandahar piuttosto che l’esplosiva emergenza che si sta creando onltre confine in Pakistan, dove centinaia di migliaia di civili e guerriglieri si stanno ammassando, l’Europa ha votato per un cambio di direzione e, possibilmente, una dipartita dalla strategia tutta militare perseguita da Washington, approvando con una cospicua maggioranza la mozione dell’europarlamentare Pino Arlacchi dal titolo “Una Nuova Strategia per l’Afghanistan” stilata dall’eurodeputato del Pd e esperto di relazioni internazionali che, dopo aver redatto una serie di raccomandazioni sulla situazione dell’AF-Pak già dal luglio 2010, lo scorso novembre l’aveva proposto in Commissione Esteri ottenendone unanime appoggio.
«Le condizioni di vita e di sicurezza si sono deteriorate, - si legge nelle premesse della mozione Arlacchi - erodendo il consenso popolare di cui godeva a un certo punto la presenza della coalizione, e la coalizione (le forze Nato e USA, ndr) è sempre più percepita dalla popolazione come forza di occupazione; è necessario un nuovo, più ampio partenariato con il popolo afghano, che coinvolga i gruppi non rappresentati e la società civile negli sforzi di pace e di riconciliazione». Da qui l’auspicio europeo di concentrarsi su quattro aree principali «nel cui ambito l’impegno profuso potrebbe tradursi in miglioramenti: aiuto e coordinamento internazionali, implicazioni del processo di pace, impatto della formazione delle forze di polizia ed eliminazione della coltivazione dell’oppio mediante il ricorso a uno sviluppo alternativo».
L’80 per cento della popolazione vive nelle aree rurali e che la superficie coltivabile procapite è diminuita passando dagli 0,55 ettari del 1980 agli 0,25 ettari del 2007, l’Afghanistan resta particolarmente esposto a condizioni climatiche sfavorevoli e agli aumenti dei prezzi delle derrate alimentari sul mercato mondiale, e l’utilizzo diffuso e indiscriminato delle mine terrestri rappresenta un rischio significativo per il buon esito dello sviluppo rurale; un quadro disastrato che per gli eurodeputati chiede anzitutto un piano di sviluppo di infrastrutture, rafforzamento delle istituzioni statali, e intervento sul territorio. «Macché guerra, è la povertà a fare morti in Afghanistan», aveva dichiarato l’onorevole Arlacchi ai tempi della prima approvazione in commissione esteri della sua mozione.
C’è ottimismo adesso per la “dottrina Lula” proposta dall’eurodeputato; potrebbe essere la strategia di uscita a lungo termine da un Paese che, in dieci anni di occupazione occidentale e trent’anni di guerra, è passato da essere la polveriera dell’Asia Centrale all’essere un vero e proprio «triangolo delle Bermuda» che destabilizza i paesi vicini. A cominciare dal Pakistan che, oltre a cercare di districarsi in una difficile transizione da regime militare a semi-democrazia, oltre ad essere dotata dell’atomica ed essere in una situazione di conflitto “freddo” con la vicina India, da qualche anno deve far fronte ai disordini provocati dalla migrazione di jihadisti e talebani dal confine afghano.
E dal confine non arrivano soltanto guerriglieri: arrivano anche migliaia di famiglie affamate e – soprattutto – droni americani che bombardano il Waziristan senza il consenso del governo di Islamabad. Solo nella mattina di ieri avrebbero provocato 33 morti nelle aree tribali pakistane. Per l’Europa è giunto il momento di indicare la via maestra per l’uscita dall’Afghanistan? È presto per dirlo. Per ora, l’europarlamento ha fatto la propria scelta. Resta da vedere se la commissione, composta dai singoli governi e in grado di determinare veramente la rotta della politica estera del Vecchio Continente, vorrà fare lo stesso.