Il mio primo giorno di scuola a Strasburgo

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PRIME IMPRESSIONI SUL PARLAMENTO EUROPEO

di Pino Arlacchi,  17 lug.2009

Ho ritardato un po’ nel riportare ai frequentatori di questo sito le mie prime impressioni sul Parlamento europeo. Ma volevo avere un po’ di materiale a disposizione per parlarne, e non limitarmi al colore e alle sensazioni del primo impatto. La mia personale prospettiva, inoltre, è distante da quella di quasi tutti i miei colleghi, i quali provengono da percorsi nazionali e sono alla loro prima esperienza di un consesso multilaterale.

Per me l’ingresso a Bruxelles-Strasburgo è stato un rientro nell’ambiente internazionale dopo l’intensa esperienza ai vertici dell’ONU. Come mi è sembrato il contesto? Ad essere sincero l’impressione che ha dominato sulle altre è stata quella di essere entrato in un qualcosa di “piccolo”, limitato, angusto. Le architetture, gli spazi, i gruppi politici, la gente, i discorsi, le conversazioni, tutto mi è sembrato più modesto, low-key, più omogeneo e privo di sorprese rispetto alla grandiosità, diversità ed universalità delle Nazioni Unite. «Mi sembra di essere entrato nel Consiglio regionale della Lombardia» ho scherzato con i miei colleghi la sera del giorno dell’insediamento a Strasburgo.

Il Parlamento europeo, dopotutto, è una organizzazione internazionale di soli 27 paesi, guidati da una decina di nazioni molto simili tra loro perché prospere, stabili e democratiche. E’un posto di benestanti, di quelli che ce l’hanno fatta. L’ONU è un’associazione di 192 paesi: la totalità delle nazioni del mondo eccetto il Vaticano. Un posto dove tutto il bene e tutto il male del mondo siedono fianco a fianco, e non è possibile ignorarli. Tutti i grandi problemi, i tormenti del pianeta, sono lì. La loro presenza è pervasiva, ossessionante, e non c’è burocrazia, formalismo diplomatico ed ipocrisia che siano in grado di nasconderli.

La povertà, la violenza, la fame, le malattie e le ingiustizie sono dentro il sistema delle Nazioni Unite, e non c’è modo di ignorarle. Nel Parlamento europeo sono largamente assenti, anche se le forze della solidarietà e della pace sono alquanto attive nel suo seno. Il Parlamento discute molto di diritti umani e di democrazia negata, ma l’approccio ONU è molto più ampio. Non vengono presi in considerazione solo i diritti politici ma anche quelli economici e sociali. E si parla molto di pace, di disarmo e di guerre, cioè delle violazioni massime dei diritti dell’uomo.

Il lavoro, l’afflato delle Nazioni Unite raggiungono ogni angolo del pianeta. Solo gli Stati Uniti hanno un respiro globale paragonabile. Ma gli USA sono una potenza imperiale, mentre nell’ONU l’impegno a costruire un mondo più decente negli ultimi tempi ha preso il sopravvento su ogni altro tema, e l’organizzazione è meno “politica” di un tempo. Il Parlamento europeo è ipersensibile ai temi della promozione della democrazia e dei diritti politici dei singoli individui, “sente” sempre di più i temi dell’ambiente, dell’energia e dello sviluppo sostenibile, ma non è un’organizzazione globale. E’ ancora ben lontano dal sentire la responsabilità di proteggere il pianeta dalle guerre, dai disastri naturali e dalle mega-violenze. Si occupa ancora poco di disarmo, non proliferazione, rifugiati, riduzione della povertà e dei conflitti, lotta alle malattie, alle droghe, alla criminalità e alla corruzione. Oppure se ne occupa, ma nel ristretto ambito dei territori confinanti o di prossima accessione all' Unione. I Balcani, il Caucaso, l’Ucraina, la Moldova e simili ricevono più attenzione di interi continenti come l’Africa o l’America Latina. Non è difficile comprenderne la ragione. Il Parlamento un’espressione dello spirito europeo del dopoguerra, uno spirito pacifico, civile, ma non globalista, che guarda entro se stesso ed è riluttante ad assumersi compiti di governo e di intervento universale.

La mia idea iniziale di occuparmi, nel Parlamento europeo, di disarmo, di abolizione delle armi nucleari, di sviluppo della legalità internazionale e di democrazia parlamentare universale (il Parlamento Globale del quale parlo alla fine del mio ultimo libro) si è rivelata perciò giusta. Ma sarà dura.

E’ iniziata così un’altra sfida. Combattiamola assieme.


 

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