Roma, 1 dic. 2014
di Pino Arlacchi
Matteo Renzi sembra essere l'unico leader europeo ad avere capito che l'UE non va da nessuna parte se prosegue sulla scia del minimalismo burocratico degli ultimi decenni. Il progetto europeo si è gradualmente degradato, riducendosi a un impotente e irresoluto "partenariato", per usare un orrendo termine bruxellese.
Di fronte alle sfide della globalita' contemporanea - l'ascesa della Cina e dei BRICS, il declino degli USA, la crisi dell'economia occidentale iniziata 6 anni fa e in pieno svolgimento - l'Unione europea non ha saputo reagire se non con balbettii, chiusure alle novita' ed accodamento alle politiche americane.
Non è in campo a tutt'oggi neppure un singolo progetto europeo, una sola iniziativa che porti il marchio dell'Europa a proposito dei cosiddetti grandi temi.
Niente che possa paragonarsi ai Trattati transatlantici e transpacifici proposti dagli USA, al megaprogetto della "nuova via della seta" avanzato dalla Cina, alla nuova Banca dello sviluppo targata BRICS.
L'UE sa mettere sul piatto solo il semi-bluff del piano Junker: un piano di investimenti da 20 miliardi di euro spacciato per uno da 300. L'equivalente di un bicchiere di acqua fresca rispetto alla crisi di un'economia, quella dei 28 paesi membri, da 15.000 miliardi di euro.