L'Unità, 5 dic. 2010
L'analisi di Pino Arlacchi
Colpendo doppiezze, macchinazioni e menzogne di un vasto numero di governi, i documenti resi pubblici stanno danneggiando una delle fonti supreme dell´instabilità e della guerra: le politiche di potenza, la realpolitik, il cui assioma è il doppio gioco nei rapporti di uno stato con gli altri stati. Realpolitik significa fare all'estero ciò che non si può fare in casa propria. In base ad essa i governi possono mentire sulle loro intenzioni, infrangere i trattati, usare lo spionaggio contro paesi amici, stipulare accordi segreti che violano leggi e Costituzioni.
La realpolitik è oggi in ribasso, sia teorico che pratico. È stata messa in difficoltà dalle forze della pace e dallo sviluppo dei regimi democratici, che devono rendere conto ai cittadini di ciò che fanno anche in politica estera.
Trattati segreti non se ne fanno più da tempo, e solo certi commentatori politici italiani pensano che la forza e l'inganno stiano ancora alla base delle relazioni politico-diplomatiche. Oggi come due secoli fa. Senza che ci sia stato alcun progresso. Senza che opinione pubblica, società civile e organizzazioni globali non abbiano acquisito alcuna voce in capitolo nei rapporti tra gli stati.
Per secoli la politica di potenza ha avvelenato la società internazionale, ed ha fomentato guerre, tensioni e nazionalismi. Fino a che all'inizio del Novecento non è cominciata una reazione. Il punto di svolta è stata la prima guerra mondiale. I rivoluzionari russi arrivati al potere furono autori di una rottura clamorosa. Resero pubblici i vergognosi patti segreti (altro che Wikileaks!) intercorsi tra lo zar deposto e le altre potenze dell'Intesa, e che prevedevano in caso di vittoria la spartizione del bottino tra i vincitori: l'impero ottomano, austro-ungarico e tedesco dovevano essere smembrati nel più completo disprezzo per le regole di autodeterminazione e per culture, lingue e volontà delle popolazioni locali.
La risposta americana alla denuncia leninista arrivò l'anno dopo, nel 1918, con i celebri “14 punti” del presidente Woodrow Wilson, il primo dei quali stabiliva che gli accordi segreti tra le potenze dovevano essere abbandonati in favore di negoziati palesi e di un codice di trasparenza verso Parlamenti ed opinione pubblica.
Nel 1945, infine, nacque la prima associazione di Stati, l'ONU, volta a dirozzare le relazioni estere, bandendo guerre e poteri occulti dalla comunità internazionale.
Ma i danni della diplomazia segreta sono stati incalcolabili. Il vizietto del doppio standard in politica estera ha contribuito a regalarci il più orrendo massacro della storia: la seconda guerra mondiale (50 milioni di vittime).
È vero che tra le cause principali di quest'ultima ci fu il folle tentativo hitleriano di impadronirsi dell'Europa continentale e della Russia. Ma gli errori e le colpe degli avversari di Hitler stanno ora venendo sempre più alla luce. Tra queste colpe, c'è di sicuro la perfidia di alcune potenze imperiali, che facevano una cosa mentre ne dicevano un´altra. Prendiamo il caso della Gran Bretagna.
Nonostante la comune lunghezza d'onda politica, l'Italia di Mussolini temeva l'espansionismo della Germania nazista. Il governo fascista tentò allora di promuovere una coalizione volta a contrastare la minaccia hitleriana. Mussolini fu tra i promotori della conferenza di Stresa del 1935, che doveva consolidare una alleanza antitedesca con la Francia e il Regno Unito.
La Gran Bretagna fu ben lieta, in pubblico, di aderire all'iniziativa. Peccato che mentre una parte dei diplomatici inglesi sedevano al tavolo dei negoziati di Stresa evitando di prendere impegni di alcun genere, altri loro colleghi trattavano in segreto con i nazisti un compromesso devastante, l’accordo navale anglo tedesco, che spianava la strada al riarmo della Germania, consentendole di ricostituire una propria flotta militare.
Una volta scoperto, l'inganno britannico tolse ogni valore al “Fronte di Stresa” accarezzato da Mussolini. Il dittatore si convinse sempre più che la perfida Albione si sarebbe potuta mettere d’accordo con Hitler dietro le sue spalle su una scala più vasta. E concluse che, piuttosto che contare su un alleato di questa pasta, era meglio forse batterlo sul tempo. E l’alleanza fascista con Hitler ci portò spediti verso la catastrofe.
Un altro classico dell'inganno fu la celebre dichiarazione di Balfour, il ministro degli esteri britannico, il quale promise in pubblico una patria alla diaspora ebrea mentre il suo governo la prometteva in privato ai palestinesi . Nello stesso posto.
Eravamo nel 1917, ma abbiamo dovuto aspettare fino al 2007 perchè un successore di Balfour, Jack Straw, dichiarasse che si, è vero, quella dichiarazione e le assicurazioni contrarie date ai leader arabi furono degli atti disonorevoli, che hanno alimentato il conflitto mediorientale fino ai giorni nostri.
I neomachiavellici nostrani hanno dimenticato la lezione della crisi di Suez del 1956, uno degli ultimi fasti della politica di potenza. L'Egitto di Nasser aveva nazionalizzato il Canale di Suez, togliendolo dalle grinfie anglo-francesi. Ma una clausola dell'accordo di restituzione prevedeva un intervento armato delle ex-potenze proprietarie "a difesa" dell'Egitto in caso di attacco alle infrastrutture del Canale. Bene.
L'attacco ci fu. Le forze armate israeliane invasero Suez. Francia e Inghilterra intervennero, e con l'occasione ripresero possesso del Canale. Ma risultò subito che era tutto fasullo. Attacco e intervento. Rappresentanti dei governi di Israele, Francia e Inghilterra si erano incontrati di nascosto, ed avevano architettato una truffa per rimettere le mani sul Canale, nel più puro stile della più laida politica segreta.
L'imbroglio fece infuriare il resto del mondo. Sulla scena c’erano già l’ONU ed i movimenti di decolonizzazione, ma la reazione più forte arrivò dai russi, i quali minacciarono di entrare in campo militarmente a sostegno dell’Egitto, e dagli americani.
Gli Stati Uniti intimarono agli inglesi di ritirarsi. Ma per convincere le truppe di Sua Maestà la Regina a sloggiare da Suez ci volle un attacco a tutto campo, mosso dal governo Eisenhower, al cuore dell'impero britannico, cioè la sterlina, che iniziò rapidamente a svalutarsi. In poche settimane l’Inghilterra non sarebbe stata in grado di importare il cibo e l' energia necessarie a sostenere la sua popolazione. Da qui il ritiro senza condizioni, e un’umiliazione senza precedenti.
Morale. Assange non è Bin Laden, e le rivelazioni di Wikileaks stanno dando un contributo al progresso della legalità e all'incivilimento dei rapporti internazionali.