Il Piccolo, 9 dic. 2010
di Pierpaolo Garofalo
Trieste «Dobbiamo cambiare strada; questa in Afghanistan è una guerra ormai più lunga del Secondo conflitto mondiale. Non c’è una soluzione militare. Sono contrario a un ritiro in tempi brevissimi ma è necessario che la comunità internazionale formuli una politica decente per risolvere la situazione, sia dal punto di vista della sicurezza che da quello dell’aiuto allo sviluppo, che scandalosamente arriva ai beneficiati solo per il 20%». Pino Arlacchi, eurodeputato eletto per l’Italia dei Valori e passato nel novembre scorso al Partito democratico, parla con cognizione di causa. Dal 1997 al 2002 sottosegretario generale Onu quale direttore dell'Unodc (Ufficio per il controllo delle droghe e il crimine), è lo ”Special Rapporteur” dell’Europarlamento sull’Afghanistan, incaricato di stendere la strategia dell’Ue per risolvere il ”nodo” del Paese asiatico.
«La stesura del Rapporto - spiega Arlacchi - ha richiesto un anno, con l’aiuto di un team tecnico e del mio personale, oltre alla speciale collaborazione trovata nel collega sloveno del partito ”Zares” Vajgl. Ho visitato la Nato, la Missione Isaf e il Paese, incontrando anche esponenti del vecchio regime talebano, che già conoscevo, e molte forze politiche locali, quali l’ex presidente Ramadi».
Il risultato soddisfa il sociologo italiano, considerato tra i massimi esperti di sicurezza: «Sul documento vi è stata una convergenza tra maggioranza e minoranza, come virtuosamente avviene non di rado a Bruxelles, ricevendo l’assenso da colleghi autorevoli, come il Andrew Duff. Ora sarà necessario uno sforzo enorme ma possibile per mettere in atto le linee-guida».
Punto focale per quella che è l’”exit strategy” dell’Unione europea, affiancata a quella della Nato che fornisce le truppe all’Isaf, è il rilancio, autentico e allargato, del processo di pace. «Bisogna sostenere il dialogo tra le forze politiche locali, coinvolgendo maggiormente i Paesi della regione, fino alla Turchia, puntando a un governo di unità nazionale che coopti anche i talebani e le altre componenti dell’”insurgency” stabilendo prima possibile un cessate il fuoco» dichiara Arlacchi. All’iniziativa politica va affiancata, secondo il Rapporto, l’eradicazione delle colture per l’oppio, l’incremento non solo quantitativo ma soprattutto qualitativo delle forze di sicurezza afgane, la riforma totale della ”macchina” degli aiuti internazionali.
«Eradicare l’oppio - sottolinea il relatore Ue - sarebbe stato più facile 12 anni fa, con un budget di ben 20 milioni di dollari, che non ora con fondi in paragone ridicoli, ma strategie sbagliate, valutazioni errate e altri elementi che anche per me rimangono un mistero hanno fatto fallire l’operazione. Ora vi sono colture alternative disponibili, specie lo zafferano ma anche il melograno, e ho proposto la creazione di un ufficio ad hoc, con l’obiettivo di eliminare il papavero da oppio in cinque anni, a un tasso del 20% annuo». La droga afgana alimenta non solo 1,5 milioni di tossicodipendenti nell’Unione ma anche ben 2 in Russia: il Cremlino, opportunamente coinvolto, sarebbe disposto a un maggiore impegno nel suo contrasto.
«Aiutiamo Kabul a formare una polizia decente - riprende Arlacchi -: per farlo sono necessari non solo istruttori adatti ma anche cambiare i criteri di reclutamento, aumentando i salari alle forze di sicurezza per poter contare non solo sulla massa di analfabeti, l’80% degli organici, che ora ne fanno parte». L’europarlamentare cita a modello, come molti in ambito internazionale, i Carabinieri, che vantano un ”mix” di capacità tecniche e doti umane invidiabile.
«Lo scandalo maggiore di tutti questi anni - sbotta Arlacchi - è però costituito dalla fallimentare, colpevole gestione degli aiuti alle istituzioni e alla popolazione. L’Afghanistan ha un Pil di 100 miliardi di dollari: ebbene tra Stati Uniti (5 miliardi), Giappone (2 miliardi), Unione europea più singoli Stati membri (1,5) l’aiuto allo sviluppo è pari a tale cifra ma di tre quarti delle risorse non restano tracce sul terreno. Lo spreco è generalizzato; le spese di gestione dei vari progetti, ”grazie” anche alle intermediazioni, arrivano almeno per la parte statunitense al 35%. I costi della sicurezza, secondo il Rapporto abnormi, portano via una ”fetta” del 15-20%. Infine vi sono le consulenze inutili: ho stimato che detraggono agli aiuti un buon 20-25%. È inaudito». Il relatore dell’Europarlamento cita ancora le Forze armate italiane: «È mai possibile che l’Esercito, con la cellula Cimic, ha costruito il carcere di Herat, una struttura completa a due piani, con 100mila euro e in un’altra zona del Paese un ospedale venga a costare fino a un milione? Anche da ”Emergency” vi è da imparare: con un budget ridicolo, 4 milioni di euro l’anno, raggiunge il 10% degli abitanti: lo proporrò per il Nobel per la Pace».
Tagliare gli intermediari internazionali, attuare controlli più stringenti e devolvere maggiormente la gestione dei sostegni al governo Karzai, pur se corrotto, è la ”ricetta-Arlacchi”.
«I talebani - conclude - sanno che non vinceranno mai la guerra ma neppure noi, se non diamo una svolta alla nostra politica sull’Afghanistan».