18 set. 2013 - Pubblico per i visitatori di questo sito, la lettera indirizzata al Direttore del Quotidiano della Calabria del Signor Giovanni Palermo
Arlacchi e una risposta che non è mai arrivata
"DIRETTORE, a memoria di chi scrive, la Calabria non ha mai vissuto dei periodi floridi, sempre in emergenza, sempre polemiche feroci su disservizi, gestione clientelare, favoritismi e tutto il rosario che ben tutti conoscono; tuttavia si è sempre arrancato grazie a un sistema assistenziale che portava le famiglie ad avere sempre qualche prebenda su cui fare affidamento, oltre a una estrema tolleranza per il lavoro in nero che faceva storcere il naso a quegli analisti che dovevano registrare
redditi bassi che si contrapponevano a un tenore di vita nettamente superiore a quelle di regioni più opulente.
Ma da un decennio a questa parte, complice la crisi economica e il conseguente taglio dei finanziamenti, la Calabria sta andando alla deriva tanto da portare la giunta regionale ad annunciare il varo di un fondo per finanziare le famiglie in difficoltà.
Ora, nella speranza che questo non risulti un ennesimo annuncio a cui non far seguire fatti concreti, vorrei ritornare sul dibattito sorto all’indomani della mia lettera sulla società Magna Grecia; un progetto nato sotto buoni auspici e affidato a una persona di spessore che infatti non smentendosi ha inteso rispondere ammettendo il fallimento di quel progetto.
Confesso che, ingenuamente, avevo pensato che di fronte al j’accuse dell’onorevole Pino Arlacchi, che ritengo persona seria e perbene, la Calabria civile avrebbe mostrato un sussulto d’orgoglio facendo registrare prese di posizioni e stigmatizzazioni per una occasione perduta in un momento in cui anche un solo posto di lavoro sarebbe stato una boccata d’ossigeno; nulla, né da destra né da sinistra, tutti in silenzio e distratti; nessun politico, ma anche associazioni comitati sindacati, eccetera ha fatto registrare il benché minimo cenno di esistenza, un aplomb degno del più aristocratico dei lord inglesi, un assordante silenzio che stride con la situazione di emergenza sociale che si vive".
"Dal canto suo la regione, chiudendosi a riccio, ha inteso rispondere con uno striminzito comunicato di accuse generiche e rimpallo di responsabilità di craxiana memoria, tutti colpevoli nessun colpevole.
Ovviamente la risposta dell’onorevole Arlacchi è stata molto chiara, nella sua durezza, riuscendo a cogliere in poche righe i veri mali della nostra terra; una terra che vive sul clientelismo sfrenato e su un ricatto del bisogno. Orbene credo che per avere libertà la Calabria ha bisogno prima di liberare dalla schiavitù del bisogno del lavoro; infatti il primo vero problema dei calabresi è il lavoro che è il mezzo utilizzato dalla classe politica per ricattare l’elettorato costringendolo a dargli il voto; vede, a ogni elezione basta aprire un call center per far sì che un qualunque politico, anche il più infimo qualitativamente, ottenga una valanga di voti. In pratica per fare politica basta avere qualche posto di lavoro da promettere perché folle di bisognosi si sottomettano al ricatto; se poi questa persona vale politicamente poco importa, poiché fondamentale è la prebenda che può promettere.
Infatti basta che un politico abbia il tacito appoggio di un oscuro burocrate per spostare a suo favore masse elettorali; una pratica può essere sbrigata in un’ora oppure in un anno tutto sta al burocrate di turno; se sei amico del suo amico la pratica si evade a vista, se non sei amico di nessuno la pratica va protocollata, valutata, accertata firmata con conseguenti tempi biblici; e allora chi ha necessità cerca l’amico che a sua volta lo cercherà in campagna elettorale per l’indicazione di voto, e poco importa il nome o le qualità del politico segnalato, che poi è quasi sicuramente quello che ha fatto assumere il burocrate, un circolo vizioso che sfianca il povero
cittadino che non vede alternative al ricatto che subisce in campagna elettorale.
Però bisogna dire che la perdta, per come ha detto l’onorevole Arlacchi, di finanziamenti per 250 milioni di euro da destinare
ai beni culturali calabresi per mancanza di progetti, non possono passare sottotono soprattutto alla luce degli emolumenti
percepiti dai dirigenti e funzionari regionali, tutti rigorosamente sopra i centomila euro annui, oltre premi.
Ha ragione il professore Carinci quando afferma che la Calabria è terra ospitale per gli estranei e inospitale per i suoi figli, accogliendo chi cerca mare, sole e tempo mite facendo fuggire piangendo i suoi figli spesso costretti a dimostrare il proprio valore oltre Pollino.
Spero che qualcuno più autorevole riesca ad avere un sussulto iniziando a pretendere risultati effettivi onde riportare un minimo di speranza al futuro di questa terra altrimenti non resta che consigliare alle giovani generazioni di andare via da una terra bellissima che ben altro popolo avrebbe meritato".
Giovanni Palermo