Secondo alcuni storici del fenomeno, senza isteria comunicativa il terrorismo non ci sarebbe del tutto.
l'Unità, 19 dic. 2010
di Pino Arlacchi
Siamo vittime di una gigantesca manipolazione, che tende a farci credere che il terrorismo internazionale rappresenti una minaccia esistenziale, a causa dei suoi effetti devastanti sui regimi democratici, sulla società civile e sull´economia. Ma al netto dell´hype, del frastuono mediatico e delle dichiarazioni sopra le righe dei politici, dopo ogni attentato rimangono sul campo poche vittime, pochi danni, e nessun principio di destabilizzazione.
Una delle cause principali del terrorismo e´ il terrore. La paura diffusa a piene mani dai mezzi di comunicazione dopo ogni attentato che avviene in Occidente. Secondo alcuni storici del fenomeno, senza isteria comunicativa il terrorismo non ci sarebbe del tutto. I suoi capi abbandonerebbero una tattica che non riesce a raggiungere le prime pagine. E che non rende politicamente, perché fallisce in più del 90% dei casi, come dimostra uno studio rigoroso su 28 formazioni eversive, pubblicato su una rivista di grande prestigio, "International security".
L´11 settembre contraddice solo in apparenza quanto appena affermato sulla scarsa distruttività del terrorismo. Il numero delle sue vittime è stato abnorme, evvero. Ma l´attentato non ha cambiato il corso della storia. Non ha minacciato neppure per due minuti la stabilità degli Stati Uniti, e non è stato né preceduto ne´ seguito da avvenimenti simili. Le 2900 vittime sono state un fatto isolato, un tributo al fanatismo pagato dagli USA in una sola rata, a differenza di altri paesi che pagano conti più alti e per periodi più lunghi senza che nessuno quasi ne parli. Colombia, Peru, India, Pakistan, sono i paesi dove si concentrano da decenni le perdite più alte per terrorismo, ma i media internazionali non se ne curano, oppure lo fanno per lo stretto indispensabile: un paio di giorni di chiasso per l´assassinio di Benazir Bhutto o per gli attentati ai grandi alberghi di Mumbai, e si passa ad altro.
Quasi tutti pensano all´11 settembre come a un evento chiave, che ha inaugurato il passaggio a una nuova epoca di insicurezza globale. Ma quanti si preoccupano - al di là di un pugno di studiosi e delle compagnie di assicurazione - di analizzare le azioni di terrore allo scopo di misurarne la reale pericolosità?
I media censurano questo aspetto. Non pubblicano volentieri i grafici che lo illustrano, perché preferiscono soffermarsi sulla vendita di paura all´ingrosso che alza tirature ed ascolti. E che propaganda nello stesso tempo i messaggi terroristici.
I governi europei fanno un gioco più sottile. Da un lato fanno finta di seguire gli Stati Uniti nella guerra santa contro il demonio fondamentalista, e lasciano fare i loro mezzi di informazione senza preoccuparsi di diffondere valutazioni corrette sulla reale entità della minaccia. Che è, in realtà, molto contenuta. Dall´altro non impegnano grandi risorse aggiuntive contro di essa.
E fanno bene. I paesi europei sanno di non essere sull´orlo della terza guerra mondiale a causa del terrorismo. Esiste uno "zar" europeo contro il terrorismo di cui si ignora perfino il nome. Solo il Regno Unito ha emanato leggi liberticide contro gli individui sospetti di trame eversive ed ha rafforzato in modo significativo gli apparati di sicurezza. Con risultati minimi rispetto ai mezzi impiegati.
I dati, d´altra parte, parlano chiaro. Anche se ignorati o distorti dai media, essi mostrano una diminuzione nettissima degli attentati terroristici internazionali dagli anni ottanta in poi, e in ogni regione del pianeta. Secondo il Dipartimento di Stato, essi hanno toccato il culmine 24 anni fa, nel 1986, con 647 casi e sono poi scesi fino ai 240-250 degli anni a noi più vicini. La riduzione è del 62%, e si accentua molto proprio dopo il 2000.
E il terrorismo islamico? Intelcenter, un think-tank americano, ha pubblicato uno studio nel 2007 sui 63 maggiori attacchi lanciati da Al Qaeda e affiliati in un periodo di quasi 10 anni, 11 settembre incluso. Sono stati esclusi gli attacchi avvenuti in Afghanistan e in Irak data la locale situazione di belligeranza. Il risultato e´ stato che gli attacchi di matrice islamica sono diminuiti in tutto il mondo del 65% dal picco del 2004 e che le perdite umane di questi attentati sono decresciute di oltre il 90%.
Tutto il contrario della percezione collettiva, che e´ quella di un pericolo crescente, ineluttabile, che mina alle radici la nostra sicurezza e il nostro benessere. Quando i fatti di terrorismo verranno trattati dai media come gli incidenti stradali (che fanno tra l’altro un numero enorme di vittime al confronto) si sarà compiuto un passo decisivo verso la loro eliminazione.