Panorama, 23 feb. 2015
Nella crisi ucraina c'è chi cerca un nemico a tutti i costi, in un delirio antirusso. Ma gli europei non vogliono la guerra. Anche perché non percepiscono Putin come un nemico.
di Pino Arlacchi
L’ accordo firmato a Minsk la settimana scorsa può essere solo l’ intervallo tra due fasi dei combattimenti oppure l’inizio di un percorso di pace in Ucraina.
Le chance della pace dipendono da cosa sarà in grado di fare la parte più debole del conflitto, cioè il governo di Petro Poroshenko. L'opposizione europea alla minaccia americana di inviare armi all’ Ucraina, ha costretto Poroshenko a cedere sui due temi più cruciali del negoziato: l’ingresso in tempi brevi del suo paese nella NATO e l’autonomia alle repubbliche filorusse dell’Est.
La crisi ucraina è iniziata un anno fa, ed è evidente che la Russia sta vincendo la partita su quasi tutta la linea.
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Roma, 9 feb. 2015
di Pino Arlacchi
La crisi ucraina è iniziata un anno fa, ed è evidente che la Russia sta vincendo la partita su quasi tutta la linea.
E ciò perché a) le sanzioni contro Putin non hanno funzionato; b) l’ economia ucraina si sta disintegrando; c) le forze armate del governo non reggono il confronto militare e cedono sempre più terreno ai separatisti dell’ Est; d) il resto del mondo ed i cittadini europei disapprovano questo ripristino immotivato della guerra fredda.
A dispetto di ciò, un coro di voci che vanno dai generali della NATO agli interventisti liberali e della destra USA, fino a un gruppo di piccoli paesi europei più la Polonia, premono per armare l’ Ucraina, dotandola delle armi più avanzate.
Si sbagliano. E di grosso. E più si ostineranno a proseguire lungo questa strada, più lo sbaglio si ingrandirà. Inviare armi all’ Ucraina non salverà il suo esercito dalla sconfitta e porterà solo ad una escalation dei combattimenti, delle distruzioni e delle morti. Perché?
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Roma, 7 feb. 2015
di Pino Arlacchi
Uno schieramento larghissimo, che va dai premi Nobel ai maggiori economisti, di destra e di sinistra, sta dalla parte di Tsipras e della Grecia.
Da Stiglitz a Piketty, a Jeffrey Sachs e a Martin Wolf, capo economista del Financial Times, si è formato un consenso sul fatto che la crisi greca è stata creata in larga misura dalle politiche sbagliate e immorali della Troika, e che il programma di Syriza è l'unica via di uscita realistica non solo dalla catastrofe in cui è piombato il popolo greco ma anche dalla deriva antidemocratica in cui è finito il progetto europeo.
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Roma, 30 gen. 2015
di Pino Arlacchi
La qualità dell'informazione italiana ha seguito la stessa traiettoria del declino del PIL. Con la differenza che nell'economia ci sono esempi di eccellenza che vanno in controtendenza, e che mostrano la strada da seguire.
Anche il mondo politico ha forse toccato il fondo, e mostra comunque qualche segno di essere entrato nell' epoca post-berlusconiana. E speriamo che la Presidenza Mattarella consolidi questa tendenza.
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Roma, 28 gen. 2015
di Pino Arlacchi
Non credo che le misure appena adottate dalla BCE avranno gli stessi effetti del Quantitative easing americano. Il contesto è radicalmente diverso. Negli USA del 208-12 si trattava di salvare un sistema finanziario sull’orlo del collasso con misure di emergenza anticicliche che evitassero il ripetersi dei disastri degli Anni 30. Dopo il fallimento di Lehman Brothers c’era il rischio dei crolli a catena per mancanza di liquidità e per l’ epidemia di sfiducia interna alle relazioni tra le banche.
Nell’ Europa di oggi non siamo di fronte a un pericolo di collasso delle principali banche, che appaiono invece solide e tranquille, imbottite di titoli del tesoro nazionali e di titoli BCE. Non si capisce perciò su cosa si fondi la speranza di riavviare gli investimenti quando il denaro è a costo quasi zero e senza porre vincoli al denaro che le banche prendono in prestito dalla BCE ed a quello che essa trasferisce acquistando titoli del debito sovrano.
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Il successo di Syriza ci aiuterà a creare un'Europa più vicina al cuore dei suoi cittadini.
Roma, 21 gen. 2015
di Pino Arlacchi
Non sarà la fine del mondo né dell’ Unione europea se Syriza vince le elezioni di domani. La sua vittoria, al contrario, ci sarà di grande aiuto. Perché metterà fine una volta per tutte alla politica suicida dell’ austerità e faciliterà quella svolta a sinistra del progetto europeo che è la sua unica via di salvezza.
Syriza non è un partito antieuropeo né antieuro. La sua forza è proprio quella di essere europeista nel senso più genuino, che è quello di considerare il progetto europeo come un mezzo e non un fine. Come uno strumento di emancipazione dei suoi cittadini e non come un feticcio. Un progetto che non può essere riformato anche quando il suo distacco dai cittadini è divenuto enorme, e per i più deboli anche pericoloso, come appunto nel caso della Grecia.
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Dei 2.682 attentati avvenuti nell’Unione europea tra il 2006 e il 2013 solo 16 (lo 0,6 per cento) è di matrice fondamentalista islamica
di Pino Arlacchi
Panorama.it, 21 gen. 2015
Mi occupo di terrorismo da un po’ di tempo, ed ho anche diretto gli sforzi dell’Onu per combatterlo. Ma non riesco ad abituarmi ai paradossi di cui è pieno l’argomento. Il comportamento dei media è uno di questi. Quando si trovano di fronte a un episodio aberrante di mafia o di ordinaria violenza essi fanno di solito ricorso a cifre, dati ed opinioni che aiutano a spiegare i fatti e a ridurre lo stress suscitato dalla notizia.
Bene. La stessa dinamica non scatta di fronte a un evento di terrorismo. In questo caso le armi della ragione vengono deposte ed i mezzi di comunicazione si trasformano in una fabbrica della paura. Solo gli esperti in linea col pensiero unico delle redazioni ricevono la parola. Si finisce così con l’esaltare il gesto di terrore dandogli proprio il significato che i suoi autori cercavano di fargli assumere.
Nelle reazioni dell’opinione pubblica europea alla strage di Parigi non ho visto il più piccolo tentativo di riflettere un momento sulle reali proporzioni di ciò che era accaduto. Giornali e televisioni, specie in Italia, si sono abbandonati al teatrino dei talk show, o alla retorica dei nuovi undici settembre e delle terze e le quarte guerre mondiali.
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Termoli online.it, 18 gen. 2015
Campobasso - Anche la terza lezione della Scuola della Legalità “Don Peppe Diana” è stata un successo. Aula magna gremita, non solo da studenti, e silenzio rispettoso e attento. Ospite d’onore, per parlare delle metamorfosi della criminalità organizzata, il prof. Pino Arlacchi, diretto collaboratore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nonché ex Segretario Generale aggiunto delle Nazioni Unite (ONU).
Durante la lezione, è stata data lettura di una lettera di Giovanni Falcone del 21 febbraio 1992 ad un giovanissimo Vincenzo Musacchio, oggi fondatore e direttore della scuola della legalità. La lettera si concludeva con un invito ai giovani ad avere fiducia nella giustizia. Da li si è partiti proprio con il prof. Musacchio che ha spronato i giovani ad informarsi per avere una coscienza ed un bagaglio culturale in grado di comprendere i fenomeni mafiosi che negli anni si sono trasformati e adattati alle evoluzioni della società. Si è passati – ha affermato sempre Musacchio – da una mafia “di campagna” (coppola e lupara) ad una mafia imprenditrice, fino ad oggi in cui conviviamo con una mafia politica.
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Il 95% delle vittime del terrorismo sono musulmani, ma noi piangiamo solo quelle di casa nostra.
di Pino Arlacchi, 13 gen. 2015
Studio il terrorismo da lungo tempo. Ma non sono riuscito ad abituarmi ai paradossi che dominano questo tema. Forse perché diventano sempre più insopportabili e moralmente oltraggiosi. Cosa c’è di più disonesto, oggi, che attribuire a un miliardo e più di musulmani e all’Islam la responsabilità di 12 occidentali uccisi da un pugno di delinquenti odiati prima di tutto da milioni di pacifici credenti?
Quando non è un avvoltoio della politica che lucra sull’odio per lo straniero, chi si scaglia contro gli islamici in nome dei giornalisti massacrati a Parigi soffre di un colossale deficit informativo. Sono i musulmani, infatti, ad essere le principali vittime del terrorismo islamico. Ci sono vari database sul terrorismo. Tutti concordano nel mostrare che il 90-95% delle sue vittime è composto da islamici.
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Roma, 8 gen 2015
di Pino Arlacchi
In campo non ci solo i terroristi che dicono di uccidere in nome dell'Islam e contro l'Occidente. C'è la destra anti-europeista che lucra sul timore dell'immigrato musulmano. E c'è anche qualche testa confusa che prende alla lettera le farneticazioni dei killer e dichiara guerra all'Islam facendo il loro gioco, rendendosi veicolo involontario e sconsiderato del terrore.
I due più grandi sbagli che si possono fare nel reagire alla barbarie di ieri a Parigi sono il reciprocare l'odio e il fanatismo di minoranze estremiste condannate in partenza al fallimento politico, e fare ulteriormente il loro gioco ingigantendo paura e senso di impotenza sotto l'egida dello scontro di civiltà.
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