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L’on. Pino Arlacchi incontra i cittadini reggini: Europa, un problema o una risorsa?

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Mnews.it, 20 apr. 2014

Presso la libreria "Culture" di Reggio Calabria, il Movimento RC- Rinnovamento è Crescita, ha organizzato un incontro con l'onorevole Pino Arlacchi, una delle massime autorità mondiali in tema di sicurezza umana, attuale deputato europeo e candidato alle elezioni europee del 2014 con il Partito Democratico nella circoscrizione meridionale.

A moderare l'incontro il dottore Marco Schirripa, di Movimento RC, che ha spiegato perché la scelta sia caduta proprio sull'onorevole Arlacchi per affrontare la tematica: l'Europa, un problema o una risorsa? «Oggi parliamo di elezioni europee. Perché Pino Arlacchi? In base ad un'analisi dei curricula dei candidati alle europee, Arlacchi ci è sembrato quello più adatto, perché è giusto che la parola venga data a chi riesce ad esprimere il meglio nella società».

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Teramo, l'europarlamentare Arlacchi (Pd): "Se i fondi europei non arrivano, è colpa della mancanza di progetti validi"

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Cityrumors.it Abruzzo, 10 apr. 2014

Teramo. Una sala gremita ha salutato l'incontro che ha visto impegnati ieri a San Nicolò a Tordino, l'Onorevole ed Europarlamentare Pino Arlacchi e il candidato alla Presidenza della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso, che hanno voluto ribadire la loro fiducia alla candidata sindaco di Teramo Manola Di Pasquale.

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Porti, La Zes sì, ma senza aiuti di Stato

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Il commissario europeo per i Trasporti risponde ad Arlacchi sulla proposta

Il Quotidiano della Calabria, 23 mar. 2014

di Michele Albanese

GIOIA TAURO - Il commissario Europeo per i trasporti, l’estone Siim Kallas ha risposto all’interrogazione che qualche mese fa l’eurodeputato calabrese Pino Arlacchi insieme ad altri undici colleghi di vari gruppi politici aveva inviato al presidente della Ue Barroso con l’obiettivo di fare luce sulla posizione dell’Europa circa l’istituzione delle Zes nei paesi comunitari.
«La Commissione – chiese Arlacchi - sta esaminando l'esperienza acquisita con l'uso delle Zes, e
intende promuovere le Zes come strumento, fornendo consulenza agli Stati membri su come istituirle sui loro territori? Quali misure concrete intende la Commissione adottare al fine di porre fine alla marginalizzazione relativa al trasbordo?».
La risposta ad Arlacchi è arrivata due giorni fa a firma di Kallas e chiarisce che per la Ue: «Gli Stati membri sono liberi di istituire e modificare zone economiche speciali. In funzione dell'obiettivo che intendono conseguire nelle Zes, gli Stati membri – scrive Kallas ad Arlacchi - devono conformarsi, però, alle condizioni previste dai differenti strumenti in materia di aiuti di Stato (orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale, disciplina in materia di aiuti di
Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, disciplina degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente, ecc.). Gli Stati membri che intendono istituire Zes per promuovere lo sviluppo regionale devono accertarsi – questo l’aspetto che preoccupa - che tali zone siano all'interno
delle regioni assistite della carta degli aiuti regionali e che eventuali incentivi fiscali o altre
agevolazioni concessi all'interno della Zes siano conformi alle disposizioni in materia di aiuti di
Stato a finalità regionale del regolamento generale di esenzione per categoria o degli orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale».

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Pino Arlacchi (Pd): "Il processo sulla trattativa Stato-mafia è una bufala"

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Il politico, amico di Falcone e Borsellino, nel numero di Panorama in edicola dal 20 febbraio spiega che "...non c'è una prova seria a sostegno di questa allucinazione"

Panorama.it, 19 feb. 2014

«Il processo Stato-mafia si concluderà con il totale flop dell’inchiesta di Antonio Ingroia & soci. È una bufala su cui si sono costruite carriere immeritate: non c’è una sola prova seria a sostegno di questa allucinazione». In un’intervista che il settimanale Panorama pubblicherà sul numero in edicola da domani, giovedì 20 febbraio, così parla Pino Arlacchi, amico di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nonché tra i massimi esperti internazionali di criminalità organizzata. Arlacchi, eurodeputato del Pd e già parlamentare del Pds per due legislature, stronca la madre di tutte le inchieste: quella che a Palermo ipotizza una trattativa per bloccare le stragi di mafia dopo il 1992-93.

Secondo Arlacchi, il processo è basato su elementi inconsistenti: «Ci sono solo le vanterie di un killer, Gaspare Spatuzza, che in quanto tale non poteva sedere al tavolo dei negoziati e che parla per sentito dire; più le bufale di un calunniatore patentato come Massimo Ciancimino. Mi vanto di essere stato il primo a denunciare le panzane di questo personaggio, esaltato oltre il lecito e trasformato in un’icona dell’antimafia dai megafoni della Procura di Palermo».

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Gli sproloqui di Riina e l'Antimafia da svecchiare

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l'Unità, 26 gen.2014

L'intervento di Pino Arlacchi

Imperversa sui media italiani una autentica telenovela sulle farneticazioni di un capomafia di 84 anni, carcerato da 21, che un tempo fu il capo di Cosa Nostra siciliana. Farneticazioni e “minacce” contro tutto e tutti: da Berlusconi ai PM, dai suoi ex sodali mafiosi al suo presunto successore alla guida di una mafia del tempo che fu.
La telenovela sta in piedi per vari motivi, ma non impressiona più nessuno perché la credibilità dello sfogo di Totò Riina è vicina allo zero. Per fortuna. E come tale viene ritenuta da chiunque conosca un po’ l’argomento.
Le parole di Riina non sono la punta di nessun icesberg. Non sono l’annuncio dell’Apocalisse, ma la confessione di impotenza di un vecchio delinquente, sconfitto dallo Stato e dalla vita, che finirà i suoi giorni solo e dimenticato come Luciano Liggio, Gaetano Badalamenti e il suo compare Bernardo Provenzano. Riina ha un figlio all’ergastolo. I suoi sodali, parenti, amici e protettori si sono dileguati. I mafiosi rimasti fuori dal carcere o latitanti lo ignorano e vanno per la loro strada da molto tempo. Ma di loro sappiamo poco perché lo stereotipo mediatico-giudiziario sulla mafia è fermo a 30 anni fa.

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Il destino del progetto Magna Grecia

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Il Quotidiano della Calabria, 16 gen.2014

La lettera di Pino Arlacchi al Direttore del Quotidiano della Calabria, Matteo Cosenza

Gentile Direttore, sto molto apprezzando la campagna aperta dal suo giornale sullo stato disastroso in cui versa l’area archeologica di Sibari. E sto anche notando la scarsa presenza, a tutt’oggi, della voce più autorevole in materia. Quella della Regione Calabria, nella persona, specialmente, del suo assessore alla cultura e del suo Presidente.
Ne comprendo le ragioni. Tacciono perché non sanno cosa dire. Dopo aver creato, assieme al sottoscritto ed a tutte le forze politiche regionali, lo strumento-chiave per risolvere il problema della mancata valorizzazione dell’ intera Magna Graecia calabra, e non solo di Sibari, lo hanno sabotato.
Mi riferisco alla società mista Regione-comuni denominata Progetto Magna Graecia, della quale sono stato Presidente fino a pochi giorni fa, creata nel 2011 con una legge regionale votata all’ unanimità. Progetto Magna Graecia avrebbe dovuto usare parte dei fondi europei gestiti dalla Regione e finalizzati proprio ad evitare che Sibari vada sott’acqua e tutto il resto in malora.

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Bari, Arlacchi appoggia Olivieri

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Arlacchi appoggia Olivieri Petruzzelli: «Vincerò io»

Tutti i candidati in giro per quartieri, tra raccolta di firme e incontri vari

La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 gen. 2014

Centrosinistra in movimento verso le primarie: «Firma day» per Giacomo Olivieri che ieri, in via Argiro, ha raccolto firme utili alla candidatura raggiungendo quota seicento. Al suo fianco Pino Arlacchi, europarlamentare del Pd, che lo sostiene a spada tratta: «Realtà Italia è un movimento di centrosinistra che esprime direttamente la società civile e che sta raccogliendo sempre più consensi in tutte le regioni del Centro Sud. La candidatura di Giacomo Olivieri a sindaco di Bari è un grande arricchimento per la nostra coalizione. È un apporto fondamentale perché senza Realtà Italia sarà molto difficile che il centrosinistra governi questa città».
«Il programma di Olivieri - ha detto Arlacchi - ha basi solide ed è molto concreto. Tra i punti che mi hanno spinto a sostenerlo, l’importanza al concetto di sicurezza. La criminalità è solo l’effetto finale di un malessere più profondo che nasce dal disagio sociale tra i giovani e dalla disoccupazione».
Durante l’incontro in via Argiro si è parlato soprattutto di sicurezza. «Il benessere dei miei concittadini è al primo posto nel mio programma - ha detto Olivieri - serve più sicurezza, in centro e soprattutto in periferia perché in assenza la città si spegne e l’economia si ferma. Tanti cittadini mi stanno chiedendo d’impegnarmi a cambiare al più presto la situazione di Bari. Sono convinto che serva concretezza da parte della politica se non si vuole che continui a germogliare l’antipolitica».

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Gli errori dell'Occidente

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Questo articolo è stato interamente ripreso dalla BBC Monitoring European il 3 gennaio. Il testo è disponibile cliccando su questo link.

l'Unità, 2 gen. 2014

L'analisi di Pino Arlacchi

Buoni contro cattivi. Filo-europei democratici contro filorussi autoritari. Rivoluzioni colorate come antesignane delle primavere arabe. Manifestanti ucraini, georgiani e kirghizi in linea con la sete di libertà di quelli iracheni, siriani, libanesi, e così via. Sono queste le chiavi di lettura sbagliate e fuorvianti che dominano i media occidentali e le politiche europee e americane dal 2000 a oggi.Cominciamo dal Kyrgystan. Nel 2005 i buoni filo-occidentali e antirussi guidati da Kurmambek Bakyev prendono il potere. È la rivoluzione dei tulipani, che segue un modello collaudato. Una serie di manifestazioni di protesta da parte di oppositori del regime rovesciano un dittatore legato al passato comunista tra gli applausi europei e statunitensi. Peccato che Bakyev abbia subito dopo inaugurato un regime altrettanto repressivo, con elezioni altrettanto fasulle e gravi violazioni dei diritti umani. Ed abbia evitato di allineare il Kyrgystan con l’Occidente, consentendo sia ai russi che agli americani di mantenere le basi militari sul proprio territorio in cambio di generosi aiuti. A chi? A se stesso e al suo clan. Com’è finita? Dal 2010 è al potere un Presidente filo-russo.

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Commentary by Pino Arlacchi: "The West's Mistakes"

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BBC Monitoring European has taken over my article published in the newspaper "L'Unità".
For the readers of my site, here is the text.

Italian commentary criticizes West's attempts to "export" democracy
3 January 2014
13:26
BBC Monitoring European

Text of report by Italian newspaper L'Unita on 2 January

Goodies against baddies; democratic pro-Europeans against authoritarian pro-Russians; coloured revolutions being the forerunners of Arab springs, Ukrainian, Georgian, and Kyrgyz demonstrators craving freedom, just like Iraqi, Syrian, and Lebanese demonstrators. These are the wrong and misleading interpretations that have been dominating the Western media, as well as European and US policies since the year 2000.
Let us start with Kyrgyzstan. In 2005, the pro-Western and anti-Russian goodies led by Kurmambek Bakyev seized power; this was the tulip revolution which followed a well-tested blueprint: a series of protest demonstrations by opponents of a regime overthrow a dictator linked to the communist past, amid European and US applause. Sadly, though, Bakyev immediately introduced an equally repressive regime, with elections that were just as fake, and with human rights violations. He also prevented Kyrgyzstan from siding with the West by allowing both Russians and Americans to keep their military bases on its soil in exchange for generous aid. Aid for whom? For himself and his clan. How did it end? A pro-Russian president has been in power since 2010.
But the narrative on the tulip revolution of 2005 was preceded by the one on the carnation revolution in Georgia in 2003 and the orange revolution in Ukraine in 2004. The blueprint was always the same: disputed elections followed by street demonstrations by students, intellectuals, anti-Russian NGOs force the baddies of the old guard to give way, via elections, to a young and westernized president. In Georgia, former communist boss Eduard Shevardnadze was replaced by the 37-year-old modernizer Saakashvili, a lawyer who had lived and worked in New York. In Ukraine, a corrupt apparatchik linked to Moscow was defeated by Viktor Yushenko, a charismatic pro-Western politician allied with Yulia Tymoshenko, a very wealthy sexy reformer who is a combination of Margaret Thatcher and Claudia Schiffer.
The success of coloured revolutions in satellite countries of the former Soviet Union created such a strong narrative that it was exported to Iraq after the fall of Saddam Husayn: the election of 2005 became the crimson revolution, named after the colour of the ink on the index fingers of voters, which prevented fraud, and a gentleman called Ahmad Chalabi was hailed as Iraq's Charles De Gaulle. The same year there was the cedar revolution in Lebanon, which followed the protests over the assassination of the Sunni leader Rafiq al-Hariri.
This promotion of democracy on the part of the Bush administration and its docile EU ally was based on the assumption that the forces in the fray in the Middle east and on the borders with Russia, the goodies, were all inspired by the ideals of the free market and democracy, and were moving united towards the West and against Russia, against Iran, and against religious extremism, corruption, and political violence. Pity, though, that matters took a very different turn; the forces that were unleashed in these contexts were the forces of nationalism, tribalism, ethnic division, and political fanaticism masked as religious radicalism. All this was led by cynical and corrupt elites that were not very different from the ones that had preceded them.
Saakashvili in Georgia introduced an adventurous authoritarian regime, which provoked Russia, and forced the United States to dump him quickly. His departure in 2013 took place to the benefit of a president who plans to fix ties with Russia. Yushenko and Tymoshenko governed by riding the waves of destructive Ukrainian nationalism, stealing as much as they could, and doing nothing to make the country move closer to Europe. It ended in 2010 with the return of the baddie, Yanukovich, who in the interim had become slightly pro-European, while Tymoshenko had become pro-Russian after signing a huge energy deal that damaged Ukraine to the tune of $20 bn and led her to jail.
In Iraq, Chalabi soon revealed himself for what he was, a two-faced con man, who was soon replaced by governments increasingly attracted by Iran, as the country lost its most valuable area - the one inhabited by the Kurds - and was shaken by unprecedented sectarian violence. Meanwhile the cedar revolution turned into a fierce clash, which is keeping Lebanon on the edge, between Sunnis and Christian Maronites on one side, and pro-Iran Shi'i and Hizballah on the other. This is a sequence of failures, to which one can add Libya, Afghanistan, Armenia, and Syria.
The three basic mistakes of Euro-American policies are clear: there was the pretense of exporting something - free-market democracy - that cannot be exported because, while on one hand it is already potentially present everywhere, since it is universal, on the other hand it needs its own timeframe and its own tools to develop and become solid; secondly, people have entrusted themselves to local forces that were only apparently interested in the values and the institutions of the West, but were actually only craving power and money, and were ready to change sides and use ultra-nationalism and chauvinism to keep afloat. However, the fatal mistake has been that of continuing the cold war and the clash of civilizations against two major regional powers, Russia and Iran, rather than making a U-turn towards cooperation and peace. Nevertheless, there is time to change, in particular if the European Union manages to learn its lesson.
Source: L'Unita, Rome, in Italian 2 Jan 14 pp 1, 15
 

 

L'inganno Khodorkovsky

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23 dic. 2013

La disinformazione praticata dai media italiani sul caso Khodorkovsky è scandalosa. Alcune testate sono arrivate a pubblicare proposte di assegnazione del premio Nobel sulla pace ad uno dei più temibili oligarchi russi degli anni 90, le cui vittime non possono essere chiamate a testimoniare perché fatte scomparire o silenziate.
La campagna di comunicazione che sta innalzando questo boss dalla faccia d’angelo al livello di Dostoevskij e di Solzenitzin è vergognosa. Ed è in buona parte gestita da alcune società di pubbliche relazioni finanziate da Khodorkovsky stesso, e molto attive in Europa e altrove.
Come contributo alla verità storica, ed alla lotta contro la criminalità organizzata, metto a disposizione dei lettori una mia analisi pubblicata sull’ Unità due anni fa che mette in evidenza contesto e risvolti del caso Khodorkovsky.

 

l'Unità, 7 gen. 2011

Puzzle Russo, il Dossier di Pino Arlacchi

Non mi straccio le vesti sul caso Khodorkovsky, e chi lo considera un martire delle libertà è vittima di una disinformazione clamorosa. E di una Babele politico-mediatica che finisce col rendere tutti più ignoranti. Sakineh, Battisti, Khodorkovsky: che differenza c’è? Credo di saper riconoscere un mafioso, e posso affermare che Khodorkovsky è stato un mafioso tra i più pericolosi. Che invece di pentirsi, restituire il bottino nascosto nei paradisi fiscali e chiedere perdono alle sue vittime, finanzia campagne di pubbliche relazioni che hanno raggiunto il surreale, accostandolo a Sacharov, Gandhi, e tra un po’ anche a Gesù Cristo. Quando si tratta, al massimo, di un oligarca sconfitto in una guerra di potere, e imprigionato con procedure discutibili. 

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