Sto dando gli ultimi ritocchi, in queste settimane, al testo del mio nuovo libro, in uscita l’anno prossimo e dedicato al “Grande inganno” di cui siamo vittime in questi tempi di declino della potenza americana.
Il mio lavoro è diventato più difficile per via di Donald Trump. Questo “Berlusconi cattivo” sta disturbando non poco le mie fatiche. Le sue svolte, finte o reali che siano, sono talmente radicali da suscitare un continuum di reazioni da parte di amici, nemici, alleati ed ex-alleati.
La furia iconoclasta del Presidente USA sta investendo quasi tutti i campi della politica internazionale: dal ritiro dagli accordi di Parigi sul clima, alla sconfessione dei grandi trattati commerciali con l’Europa e l’Asia, alla inaugurazione di un assetto “sovranista” (ognuno per sé e Dio per tutti”) delle relazioni tra Paesi, alla provocazione su Gerusalemme capitale di Israele, fino al dissenso sulle politiche ONU sull’immigrazione, al dileggio del WTO, al ritiro dall’UNESCO e così via.
Trump intralcia le mie fatiche perché sta confermando al di là delle mie aspettative le tesi principali del mio volume, e in particolare le mie conclusioni sull'epoca post-americana.
Dico così perché le sue prese di posizione mantengono una notevole coerenza. Il Presidente USA sta smantellando ogni responsabilità globale degli Stati Uniti, innestando una marcia indietro dall’Impero alla Nazione che sta abbreviando di alcuni decenni la transizione ad un mondo compiutamente multipolare. Cioè un mondo più prospero e pacifico di quello attuale.
20 dicembre 2017