Terrorismo: qualche cifra scomoda

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Dei 2.682 attentati avvenuti nell’Unione europea tra il 2006 e il 2013 solo 16 (lo 0,6 per cento) è di matrice fondamentalista islamica

di Pino Arlacchi

Panorama.it, 21 gen. 2015

Mi occupo di terrorismo da un po’ di tempo, ed ho anche diretto gli sforzi dell’Onu per combatterlo. Ma non riesco ad abituarmi ai paradossi di cui è pieno l’argomento. Il comportamento dei media è uno di questi. Quando si trovano di fronte a un episodio aberrante di mafia o di ordinaria violenza essi fanno di solito ricorso a cifre, dati ed opinioni che aiutano a spiegare i fatti e a ridurre lo stress suscitato dalla notizia.

Bene. La stessa dinamica non scatta di fronte a un evento di terrorismo. In questo caso le armi della ragione vengono deposte ed i mezzi di comunicazione si trasformano in una fabbrica della paura. Solo gli esperti in linea col pensiero unico delle redazioni ricevono la parola. Si finisce così con l’esaltare il gesto di terrore dandogli proprio il significato che i suoi autori cercavano di fargli assumere.

Nelle reazioni dell’opinione pubblica europea alla strage di Parigi non ho visto il più piccolo tentativo di riflettere un momento sulle reali proporzioni di ciò che era accaduto. Giornali e televisioni, specie in Italia, si sono abbandonati al teatrino dei talk show, o alla retorica dei nuovi undici settembre e delle terze e le quarte guerre mondiali.

È una fortuna, perciò, che i governi europei, a cominciare da quello francese, abbiano scelto una strada ben diversa, reagendo con compostezza, astenendosi dall’inseguire sia i toni infiammatori dei mezzi di comunicazione che l’islamofobia e il giustizialismo dell’estrema destra.

I governi dell’ Unione non hanno fatto il gioco del terrorismo, abboccando all’ amo dello scontro di civiltà. La signora Merkel ha detto che l’ Islam è a pieno titolo europeo come i suoi credenti che risiedono qui. Hollande ha ricordato che le principali vittime del terrorismo sono i musulmani, e non ha neppure accennato a pena di morte, Patriot Act e tribunali speciali. Il trattato di Schengen non è stato sospeso, e le disposizioni sull’ immigrazione non sono state toccate.

Tutto ciò è potuto avvenire perché la minaccia terroristica in Europa è stata presa per ciò che è: un’ impresa ultraminoritaria e disperata, condannata al fallimento dalla sua congenita impotenza. Se c’è un punto sul quale tutti i veri conoscitori del terrorismo concordano, questo è il seguente: nessuna forma di lotta armata interna o esterna all’ Unione europea è in grado di destabilizzare o di procurare danni di grande portata ad alcun Paese grande o piccolo della medesima.

Esistono dati molto solidi sul fatto che il terrorismo, in virtù delle sue sole forze, senza l’ aiuto di una parte consistente dei suoi avversari, non è capace di fare catastrofi, né materiali né umane. È la grancassa mediatica che permette ai terroristi di ingigantire il senso di insicurezza del grande pubblico angosciato dal pericolo degli attentati. Ma la sicurezza effettiva di un paese, e quella dei singoli individui, non viene in realtà messa in discussione, come John Mueller ha dimostrato in un lavoro magistrale. (Overblown. How Politicians and the Terrorism Industry Inflate National Security Threats, and Why We Believe Them, Free Press, 2006)

Di fronte alle vere grandi minacce come la crisi economica, i disastri ambientali, la criminalità organizzata e la guerra internazionale (quella reale, non quella gridata dagli schermi tv) le sofferenze e le distruzioni causate in Occidente dalla tabe terrorista impallidiscono. Di fronte ai signori delle guerre civili in Medio Oriente ed ai profittatori delle occupazioni militari, il terrore di matrice islamica è cosa alquanto modesta. Le sue vittime, in Occidente, si contano a poche decine e non a migliaia o centinaia di migliaia all’anno.

Sapete quanti sono i cittadini americani caduti vittime del fondamentalismo islamico nei dodici anni successivi all’ 11 settembre 2001? Sono 37. Tre ogni anno. E il loro numero è più o meno uguale a quello che si registrava prima dell’abbattimento delle due torri e del diluvio mediatico-militare conseguente.

E le vittime degli attacchi fondamentalisti in Europa? Sono 10 tra il 2006 e il 2013 (poco più di una all’ anno) e 124 sono le vittime di tutti i tipi di eversione negli stessi anni, secondo l’apposito rapporto annuale dell’Interpol. Che nessuno cita perché le sue cifre sono chiaramente non catastrofiste. Vi invito a leggerlo, e a fare un po’ di conti.

Si può obiettare che nel 2004 c’erano state 195 vittime a Madrid e 56 a Londra nel 2005. Ma anche aggiungendole al totale ed allungando l’arco di tempo, il risultato non cambia. Se sommiamo le vittime dei 43 attentati letali avvenuti in Europa tra il 2002 e il 2015 – Parigi incluso, quindi - raggiungiamo una media di 28 perdite all’anno. Un po’ poche per rappresentare una minaccia esistenziale per una collettività di oltre mezzo miliardo di persone. E che nel campo delle morti violente deve fronteggiare perdite ben più rilevanti di quelle degli attentati. Nel 2010, di fronte a 7 vite umane stroncate in Europa dagli attentati ce ne sono state 35.527 spente dagli incidenti stradali e 5.500 dagli omicidi.

Si può anche osservare che ciò che conta non è il numero assoluto ma la tendenza degli attacchi terroristici. Se essa sale rapidamente, non è colpa dei media rimarcare la pericolosità di una minaccia. Ma è la dura evidenza che smentisce anche questo stereotipo. I dati Interpol mostrano come gli attentati sul suolo dell’ Unione si sono ridotti di oltre il 70%, da quasi 600 nel 2006 a 153 nel 2013, e il database globale GTD rivela come il picco massimo del terrorismo si è raggiunto in Europa ed altrove verso la fine degli anni 80’ del secolo scorso.

Chi crede di vivere in mezzo al caos e allo scontro con l’ Islam potrà anche risentirsi, ma non può cambiare il fatto che dei 2.682 attentati avvenuti nell’ Unione europea tra il 2006 e il 2013 solo 16, lo 0,6 per cento, sono da ricondurre ad una matrice fondamentalista islamica. La maggior parte degli attacchi è da attribuire, sempre secondo l’ Interpol, al terrorismo etno-separatista, seguito a grande distanza dall’ estremismo politico e dalla follia di singoli.

Tutto vero, si può anche dire. Ma è innegabile che, sia pur scarsi di numero, quelli di marca islamica rappresentano gli attacchi più sanguinosi. Si può concordare con questa affermazione. Ma a patto di rimuovere dalla storia l’attentato più grave dopo quello di Madrid: il massacro del 22 luglio 2011 avvenuto in Norvegia ad opera di un fondamentalista cristiano che ha lasciato sul terreno 68 morti.

Per assegnare un peso alle diverse minacce che incombono sulle nostre teste, basta ricordare che tra il 2002 e il 2013 ci sono stati 190mila omicidi negli USA e 60mila in Europa. Contro, rispettivamente, 44 e 393 vittime di attentati. Oppure basta riflettere un istante sul fatto che le guerre mediorientali più recenti – Afghanistan, Irak, Siria - sono costate oltre 500mila morti, di cui 10mila occidentali. Più 3 trilioni di dollari e 1 milione di sofferenti tra feriti, mutilati e menomati mentali solo negli Stati Uniti.

 

 

 
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