In Italia 30mila prostitute, l’80% straniere
di Anna Pozzi, 9 novembre 2010
«Quando la madam mi ha detto che dovevo rimborsare 50mila euro di debito non mi rendevo neppure conto di quanti soldi fossero. Tanti, certo. Ma non capivo esattamente cosa significasse quella cifra. Sono nata e cresciuta in un villaggio dell'Edo State, in Nigeria. Ho frequentato la scuola solo sino alla terza elementare. Poi, un parente ha convinto la mamma a farmi venire in Italia. Sino al mio arrivo qui, avevo maneggiato al massimo pochi naira per comprare il pane e l'olio di palma. Cinquantamila euro! Una follia, pensavo… E invece li ho dovuti rimborsare tutti. Dopo un po' mi sono resa conto di cosa significasse. E che rendevo molto bene alla madam. Ogni mese, infatti, raggranellavo almeno cinquemila euro».
Rachel è una ragazza nigeriana, una delle migliaia di ragazze giovanissime e spesso immigrate, che finiscono sulle strade italiane. Prostitute, ma sarebbe meglio dire prostituite: costrette a vendere il proprio corpo per pagare un debito assurdo o arricchire criminali senza scrupoli. Trafficate, vendute, sfruttate, sono le nuove schiave sessuali del XXI secolo.
Le cifre della tratta di esseri umani e del business legato alla prostituzione sono esorbitanti: 32 miliardi di dollari l'anno. Assieme a quello di armi e di stupefacenti, è uno dei traffici illeciti più lucrativi e coinvolge più di 12 milioni di adulti e bambini. Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), sarebbero circa 12,3 milioni gli adulti e i bambini costretti al lavoro forzato e alla prostituzione coatta.
L'Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) parla di circa 500mila donne, che ogni anno sono vittime di traffico prevalentemente per lo sfruttamento sessuale, immesse nel mercato dell'Europa Occidentale. Ma sarebbero almeno 2,7 milioni, secondo le Nazioni Unite, le vittime di tratta, di cui l'80 per cento è costituito da donne e minori, che vengono venduti annualmente nel mondo ai fini della prostituzione, della schiavitù o del matrimonio. Circa la metà sono bambine tra i 5 e i 15 anni. Buona parte arriva in Europa Occidentale, provenienti dai Paesi dell'Est. E una grossa percentuale, almeno per quanto riguarda l'Italia, dalla Nigeria.
Si tratta, tuttavia, di dati approssimativi e incerti, vista la complessità del fenomeno e la natura clandestina e illegale del traffico, nonché la sua generale "invisibilità". Quel che è certo, tuttavia, è che il fenomeno ha conosciuto un vero e proprio boom a partire dagli anni Ottanta, quando migliaia di donne straniere hanno cominciato a riversarsi in Europa, in fuga da condizioni di povertà, miseria, guerra… E ha continuato a crescere negli anni Novanta.
In Italia, le persone vittime di tratta sarebbero, secondo l'Oil, tra le 19mila e le 26mila. Secondo i dati Caritas supererebbero le 30 mila. Transcrime – Centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità transnazionale (Joint Research Centre on Transnational Crime) dell'Università degli Studi di Trento e dell'Università Cattolica di Milano – parla di 19-40 mila persone. Don Oreste Benzi, della Comunità Papa Giovanni XXII, parlava addirittura di 70/100 mila donne straniere trafficate in Italia per l'industria del sesso a pagamento.
Circa l'80 per cento sono straniere. La maggior parte sono donne tra i venti e i trent'anni, anche se negli ultimi tempi si assiste a un abbassamento dell'età e all'arrivo di molti transessuali soprattutto latinoamericani. I/le minorenni rappresentano circa il 7 per cento, anche se in alcune regioni si arriva al 10-12 per cento (Veneto, Emilia-Romagna, Lazio e Piemonte). Moltissime provengono da Albania, Romania, Moldavia e Nigeria. I/le minorenni rappresentano un "prodotto" molto redditizio per i trafficanti, anche se li espone a rischi più elevati. Per questo vengono spesso spostati frequentemente o costretti a prostituirsi in luoghi chiusi con un controllo particolarmente severo.
Uno studio realizzato dal “Forum sulla prostituzione”, nato a Milano nel 2004, su iniziativa di Caritas ambrosiana, Cgil, Cisl e Uil e del Cnca, fa notare che «l'insopprimibile ricerca del piacere porta a trovare attraverso la prostituta la propria soddisfazione, usandola come un oggetto privo di ogni dignità umana. Questa assenza di "confini morali" può anche essere fra le cause della aumentata richiesta di prostitute minorenni che certamente traduce, come gran parte della pedofilia, la paura/incapacità di confrontarsi con un femminile adulto. Travestiti e transessuali completano l'offerta, rendendola ampia e variegata».
Richard Poulin, professore di sociologia presso l'Università di Ottawa, riporta dati sconcertanti riferiti alla metà del decennio Duemila. «L'industria della prostituzione sfrutta 400 mila bambini in India, 100 mila nella Filippine, tra i 200 e i 300 mila in Thailandia, 100 mila a Taiwan e tra i 244 mila e i 325 mila negli Stati Uniti; nella Repubblica Popolare Cinese i bambini che si prostituiscono sono tra i 200 e i 500 mila, in Brasile si va dai 500 ai 2 milioni. Il 35 per cento circa delle prostitute cambogiane ha meno di 17 anni e il 60 per cento delle albanesi che si prostituiscono in Europa sono minorenni».
Pino Arlacchi, ex direttore dell'Ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodc), arriva addirittura a fare un paragone fra la tratta degli schiavi africani e l'attuale traffico di esseri umani. Se la prima ha causato, nell'arco di quattrocento anni, circa 11,5 milioni di vittime, la tratta di esseri umani a scopo prostituzionale avrebbe causato, in un solo decennio e nel solo Sud-Est asiatico, circa 33 milioni di vittime. Eurojust ha aperto 83 casi per tratta di esseri umani nel 2008, ovvero il 10 per cento in più rispetto all'anno precedente, e comunque un numero insignificante rispetto alle migliaia di persone trafficate.
Quello della tratta di esseri umani a scopi prostituzionali è oggi un business mondiale miliardario, fatto sulla pelle di ragazze giovanissime, cresciute spesso in contesti difficili e desiderose di una vita migliore. Un traffico internazionale e illegale molto ben organizzato ed estremamente redditizio.
Europol parla di un giro di affari di parecchi miliardi di dollari/euro all'anno. Secondo Poulin, «le cifre di queste industrie sono da capogiro: nel 2002, gli introiti legati alla prostituzione sono stati stimati sui 60 miliardi di euro, quelli della pornografia attorno ai 52 miliardi. Su base annuale il giro di affari delle agenzie di turismo sessuale che operano via Internet è di 1 miliardo di euro, mentre gli introiti a scopo prostituzionale variano tra i 7, 8 e 13,5 miliardi di euro».
Nel corso del Vienna Forum to Fight Human Trafficking, promosso in Austria nel febbraio 2008 dalla Global Initiative to Fight Human Trafficking delle Nazioni Unite (UN.Gift), si è parlato di un business di circa 32 miliardi di dollari l'anno. L'industria della prostituzione rappresenta una voce importante in molti Stati nel Nord come nel Sud del pianeta. In Olanda, ad esempio, corrisponde a circa il 5 per cento del Pil,in Giappone è tra l'1 e il 3 per cento. In Paesi come Thailandia, Indonesia, Malaysia e Filippine, l'Oil stima che possa rappresentare tra il 2 e al 14 per cento dell'insieme delle attività economiche. In Danimarca, l'industria della pornografia è la terza per importanza del Paese. Più in generale le “industrie del sesso” sono ormai diventate delle vere e proprie multinazionali.
In Italia, se si considera che in media il prezzo di una “prestazione” in strada si aggira attorno ai 30 euro – ma per le nigeriane anche solo 10 o 15 euro – e che ogni “prostituta” ha normalmente una decina di clienti al giorno, ogni ragazza rende al suo sfruttatore dai 5 ai 7 mila euro mensili. Il giro di affari complessivo va dai 150 ai 250 (e oltre) milioni al mese, secondo una stima molto prudenziale.
Molto più alte, invece, sono le cifre dell'indoor e del mondo delle escort. In questi ultimi anni, infatti, si assiste a un progressivo spostamento delle ragazze verso lo sfruttamento al chiuso, presente non solo nelle grandi città, ma anche in provincia. Soprattutto sta cambiando l’“industria del sesso”, che moltiplica le modalità e le forme di sfruttamento delle donne (bordelli, turismo sessuale, matrimoni per corrispondenza, pornografia, cyber sex…) anche grazie alle nuove tecnologie. Basti pensare che oggi circa il 70 per cento del contenuto di Internet riguarda o è legato al sesso.
Di fronte a uno scenario così complesso, le ordinanze dei sindaci o quelle contenute nel pacchetto-sicurezza sono un mero palliativo, che non aiuta ad affrontare adeguatamente il problema. Con le ordinanze si colpisce quasi solo chi è già vittima, mentre poco o nulla si fa per contrastare il traffico di esseri umani e la riduzione in schiavitù di queste donne.