Europa, 28 dic. 2010
di Rudy Francesco Calvo
De Magistris? «È di una superficialità sconcertante. Fa politica come ha fatto il magistrato, un sacco di chiasso senza alcun risultato». E Di Pietro? «Vuole un piccolo partito personale da controllare facilmente, ma le sue sono decisioni arbitrarie, spesso sbagliate, che inevitabilmente creano malcontento ». Secondo il sociologo Pino Arlacchi, eletto eurodeputato sotto le insegne dipietriste ma passato nelle file del Pd in polemica proprio con la gestione personalistica del leader di Idv, la dualità interna al suo ex partito è solo un’illusione creata dai media.
«In realtà, De Magistris non ha alcun seguito. Se lui va via, nel partito non succederà nulla. Questo lo sapevamo tutti, a partire ovviamente da Di Pietro. Se non fosse stato per il clamore montato dai media attorno all’ultimo intervento di De Magistris, probabilmente lui nemmeno avrebbe risposto».
Lo scarso appeal dell’ex pm calabrese all’interno del suo stesso partito era apparso evidente anche in occasione del congresso di febbraio. Allora De Magistris rinunciò a una candidatura alternativa a quella del leader e fallì miseramente anche la conta attorno alla linea da lui proposta in vista delle elezioni regionali in Campania (non sostenere il nome di De Luca, proposto dal Pd). Sono passati più di dieci mesi da allora e lo stesso De Magistris ancora attende quella nomina ai vertici di Idv, che Tonino gli promise davanti alla platea congressuale. «La verità – spiega Arlacchi – è che Di Pietro mise praticamente al suo servizio tutto il partito in vista delle europee, con l’effetto non voluto di vedersi scavalcare nella conta delle preferenze. Prima si preoccupò, poi conobbe il vero De Magistris e allora si tranquillizzò ».
Per capire chi sarebbe il vero De Magistris, Arlacchi prende spunto proprio dalle polemiche di questi giorni sulla presunta esistenza di una “questione morale” dentro il partito dipietrista. Un tema inesistente secondo l’europarlamentare oggi nel Pd: «Non è questo il punto debole principale di Idv, la sua classe politica certamente non è eccelsa, ma è comunque nella media italiana». Il vero limite («Ma questo De Magistris non lo capisce, perché non è abbastanza intelligente politicamente ») è piuttosto un altro, che rischia di essere fatale per Idv: «Quel partito potrà esistere finché esisteranno Berlusconi, Di Pietro e una certa idea della legalità, così come si è affermata in questi anni. Quando la situazione cambierà, Idv non avrà più alcuna forza». Per questo, il sociologo calabrese aveva provato a cambiare dall’interno quel partito, trasformandolo in un “modello” della sinistra alternativa al Pd, aperto alla società e privo di un leader dal potere praticamente assoluto.
«Ma quell’idea è stata sconfitta – spiega – perché Di Pietro preferisce mantenere il controllo di un piccolo partito personale».
Insomma, per Arlacchi non è possibile scindere il destino di Idv da quello del suo fondatore. Non avrebbe prospettive quindi l’idea di De Magistris di una convergenza con Vendola («Il presidente pugliese ha capacità superiori alle sue e Di Pietro lo sa, per questo non potrà mai fondersi con Sel»). Semmai, l’eurodeputato dem immagina uno scenario differente: «Quando Idv sarà ridotta a una forza marginale, anche per la concorrenza di Vendola, l’unica prospettiva per Di Pietro sarà quella di confluire nel Pd, mantenendo una piccola rendita personale. Una soluzione che sarebbe stata razionale anche nel passato, ma la politica, si sa, non è fatta di atti razionali e quindi finora questo non è accaduto».