Firenze, 11 sett. 2011, di Luca Galassi
“Sapere che esistono organizzazioni come quella di Gino Strada in Afghanistan è incoraggiante”. Esordisce così l’europarlamentare Pino Arlacchi, nel suo intervento al meeting nazionale di Emergency a Firenze. Arlacchi, professore di sociologia, tra i fondatori della Dia, ha diretto l’unità anti-droga delle Nazioni Unite dal ’97 al 2002. Il suo mandato è coinciso con il contrasto all’attività del narcotraffico, ripresa in Afghanistan nel 2000, dopo il bando dei talebani. Arlacchi ha parlato degli orrori della guerra citando l’esperienza della psichiatria militare.
Arlacchi ha parlato degli orrori della guerra citando l’esperienza della psichiatria militare: “Ho letto di recente un volume straordinario, che parla dell’attività degli psichiatri militari. Ebbene, uno dei dati che emergono è che non esiste praticamente soldato impegnato in prima linea, che abbia ucciso un altro uomo, che sia tornato normale. Abbiamo diciotto suicidi al giorno negli Usa, tra i reduci delle guerre. L’otto percento della popolazione. Venticinque milioni di persone traumatizzate per sempre. La guerra è l’esperienza più devastante che un essere umano possa sperimentare. Questi studi contraddicono e distruggono l’idea che la guerra sia una cosa naturale, che la normalità dell’uomo sia in una condizione di guerra, perché la natura dell’uomo è una natura di aggressione e violenza e sopraffazione. Sono proprio i folli, gli psicopatici quelli che provano gusto a uccidere e a infliggere morte e sofferenza”.
Arlacchi ha sottolineato la necessità di trasformare la ribellione, la ripugnanza della guerra in un fatto politico e giuridico. “Una delle componenti fondamentali di questo processo di svalutazione è come l’Europa si muoverà, e poi tutto il mondo, in relazione alla questione dell’Afghanistan. E’ una guerra sbagliata, inutile, iniziata legalmente e poi trasformatasi in un pantano. Una guerra determinata dalla vendetta americana ai fatti dell’11 settembre. Dobbiamo uscirne con una strategia efficace. Io stesso ho proposto una via d’uscita basata su quattro pilastri. Il primo è la riforma dell’intervento civile internazionale. Nel corso di un’indagine su come la comunità internazionale è intervenuta abbiamo trovato un immenso spreco di risorse. L’80 percento degli aiuti non è andato alla popolazione. Miliardi di euro sono scomparsi. Anche perché metà del governo afgano è composto da banditi. La maggior parte dei fondi si perde nella corruzione ‘soft’, un processo interno alla macchina degli aiuti”.
Nella chiusura del suo intervento Arlacchi ha elogiato l’impegno di Emergency in termini di organizzazione e impiego delle risorse pubbliche. “Ogni anno in Afghanistan vengono sprecati cinque miliardi di euro. Con un bilancio annuale di 5 milioni di euro Emergency ha raggiunto il dieci percento della popolazione afgana”.
Professore, lei ha lavorato per contrastare la produzione e il traffico di droga in Afghanistan. Molti hanno visto nell’invasione e nell’occupazione un disegno per riattivare il business occulto della Cia del narcotraffico dopo il bando dei talebani nel 2000, come anche denunciato da Alfred McCoy, autore del libro The politics of heroin: Cia complicity in the global drug trade?
Penso che dagli anni ’60 e ’70 a oggi c’è stato un cambiamento notevolissimo, nel senso che l’illegalità e i soldi sporchi, e anche il terrorismo di Stato incarnato dalla Cia hanno fatto dei grandi passi avanti. I soldi dei narcotici che servivano alla Cia allora per fare operazioni clandestine nel Sud-Est asiatico sono oggi piccola cosa a fronte degli enormi capitali che il complesso militare-industriale americano ha tirato fuori nelle guerre in Afghanistan e Iraq. Di fronte alla spesa per i contractors, affidata a un gruppo di società di sicurezza composte sostanzialmente da delinquenti, le centinaia di migliaia di dollari degli anni ’60 sono – anche in proporzione – somme esigue di fronte ai miliardi di dollari che girano oggi. Soltanto sulla cosiddetta formazione della polizia e dell’esercito afgano, sono spariti 6 miliardi di dollari. Le tesi di McCoy, viste alla luce del giro d’affari odierno, fanno sorridere.
Fonte: