Processo di pace, eliminazione e riconversione delle colture di oppio, formazione della polizia afgana, aiuti internazionali. Pino Arlacchi, Vice Presidente della Delegazione per le relazioni con l’Afghanistan e incaricato di preparare il rapporto sulla nuova strategia dell'Unione Europea in Afghanistan, nel corso della conferenza stampa di oggi a Strasburgo ha riassunto ai giornalisti il significato della sua missione dei giorni scorsi a Kabul e Herat e i punti fondamentali della nuova strategia dell’Unione europea in Afghanistan.
Processo di pace. Il giudizio di Arlacchi è positivo.
“È un processo che ho visto camminare con grande velocità nel Paese – ha detto Arlacchi. Il Presidente Karzai ha cominciato un dialogo a tutto campo con tutte le forze politiche, inclusi i talebani.
La popolazione – ha continuato Arlacchi rispondendo alle domande dei giornalisti – credo si aspetti molto dal processo di pace. Sono tutti stanchi della guerra e dell’occupazione militare. Tutti vorrebbero vedere un paese più sicuro e chi è capace di darglielo credo otterrà il favore della popolazione.
A fine aprile, il 28, si apre questa grande Jirga della pace, l’assemblea convocata da Karzai, con tutti i capi tribali dell’Afghanistan e con i parlamentari. L’obiettivo è quello di stabilire i caratteri di questo processo di pace, il carattere del negoziato con i talebani, la grande questione dei rapporti col Pakistan. E’ un momento molto importante per il Paese”.
Polizia afgana
“Va assolutamente data priorità alla forza di sicurezza afgana con la costruzione di una forza di polizia afgana capace di provvedere alla sicurezza del Paese senza il bisogno delle truppe internazionali. È il punto cruciale insieme al processo di pace - spiega Arlacchi - per cominciare a pensare a un ritiro sempre più massiccio delle truppe europee e americane dal Paese.
Entro due anni, con un grande sforzo, si potrebbe formare una forza di polizia di oltre 100mila uomini che insieme all’esercito afgano - che ha raggiunto già un certo livello di preparazione - possa rappresentare la fonte principale di sicurezza del paese”.
Coltivazioni di oppio.
“Ho incontrato il presidente Hamid Karzai e i principali ministri del Governo di Kabul, ma anche il capo dell'opposizione Burhanuddin Rabbani e gli altri leader politici.
Sulle coltivazioni di oppio - ha spiegato Arlacchi - abbiamo iniziato una strategia comune tra Unione europea, Afghanistan e Russia.
Su questo costruiremo un evento al Parlamento europeo, il 14 aprile a Bruxelles. La strategia definisce un piano di eliminazione delle colture su cui c’è pieno sostegno del governo afgano".
Aiuti internazionali. È il maggior “punto dolente” da affrontare in questo periodo.
“Durante questa missione – ha detto Arlacchi – mi sono accorto che ci troviamo di fronte a un grande spreco e a un notevole grado di corruzione, non tanto e non solo nella parte afgana (cosa nota a tutti e che per me non è stata una sorpresa), ma anche nella parte gestita dalle organizzazioni internazionali. C’è un livello di corruzione semplicemente intollerabile.
Un dato su tutti: negli ultimi 8 anni sono arrivati in Afghanistan 40 miliardi di aiuti internazionali di tipo civile. Di questi, 34 miliardi sono passati dalle Organizzazioni internazionali di vario genere, e soltanto 6 miliardi attraverso il governo afgano”.
La valutazione più diffusa nel paese è che una percentuale compresa tra il 70 e l’80 per cento di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione afgana, ma è tornata indietro ai paesi che avevano offerto queste somme, o – peggio ancora – si è persa in rivoli di corruzione e sprechi di varia natura.
A Herat, dove c’è la missione di pace italiana, si consegnano ogni anno circa 5 milioni di euro di aiuti. Sono risorse amministrate molto bene.
Basti pensare che una scuola costruita dalle forze Isaf italiane e dalla nostra cooperazione costa tra 80mila e 100 mila euro. La stessa scuola, se costruita da qualcuna delle tante organizzazioni internazionali (comprese la US Aid o altre organizzazioni dipendenti dall’ONU) costa una somma che varia tra tre e dieci volte di più.
In questo campo la cooperazione italiana, insieme alla forza di pace, è un modello positivo di aiuto internazionale".