Ho prestato servizio presso l’ONU dal settembre 1997 al luglio 2002 come Vice-segretario generale, Direttore esecutivo del Programma per il controllo delle droghe e Direttore generale dell’Ufficio ONU di Vienna. Il mio contratto era di 4 anni. Alla scadenza, esso è stato prolungato di altri 10 mesi, poiché non ho ritenuto di rimanere più a lungo presso l’organizzazione.
Durante il mio mandato, ho intrapreso una riforma della sede di Vienna, eliminando sprechi e duplicazioni, decentralizzando gli uffici ed aumentando la produttività e la trasparenza dell’amministrazione.
Solo i tagli alle consulenze esterne ed ai viaggi inutili -la “fine della festa” che ho annunciato subito dopo essermi insediato- hanno fatto risparmiare all’ONU, e cioè ai contribuenti degli Stati membri, più di 2 milioni di dollari all’anno per vari anni. Nei primi due mesi del mio mandato come direttore della sede,ho eliminato oltre 30 inutili Comitati interni, sostituendoli con responsabilità individuali dei manager.
Prima del mio arrivo, il malcostume, il lassismo, la confusione delle competenze e la subordinazione dei funzionari ai loro stati di provenienza piuttosto che all’ONU, erano largamente diffusi. Da ciò il morale interno molto basso, e la scarsa reputazione esterna di tutta la sede di Vienna. Le riforme che ho introdotto hanno comportato il trasferimento ad altro incarico del capo dell’amministrazione interna (in seguito degradato ed espulso dall’ONU) ed il trasferimento ad altra sede di quasi tutti i direttori delle divisioni.
Sotto la mia gestione, il budget del Programma sulle droghe, basato su contributi volontari dei paesi membri, è aumentato del 50%, passando da 51,1 milioni di dollari a 75,1, interrompendo un declino che durava da 5 anni. Il budget del Centro sulla criminalità, anch’esso sotto la mia responsabilità, è aumentato di 10 volte, da 300mila a 3 milioni di dollari.
Gli aumenti di budget sono stati generati dai fondi ottenuti tramite i nuovi programmi globali,che ho ideato e realizzato nell’area della eliminazione delle coltivazioni illecite e dei progetti contro il traffico di esseri umani, il riciclaggio del denaro sporco e la criminalità organizzata internazionale. Il rinnovamento dell’agenda è stato approvato dopo intense discussioni tra gli stati membri.
La reputazione della sede dopo l’autunno 1997 è salita rapidamente. I principali quotidiani internazionali e le televisioni iniziarono a coprire regolarmente le attività dell’ONU di Vienna. Basta consultare via Web l’archivio dei principali media internazionali per riscontrare l’"apparizione" improvvisa di un entità delle Nazioni Unite quasi sconosciuta prima del 1997.
I principali risultati del mio lavoro sono esposti nelle note bio, nella sezione "Dalla Calabria al centro dell’inferno" del mio volume "La mafia imprenditrice", e nel saggio sui "Dieci anni non perduti" scaricabili da questo sito.
Questi risultati non mi hanno solo portato apprezzamenti e sostegni in tutto il mondo, ma anche attacchi, calunnie e diffamazioni. Un’azione di cambiamento sviluppata su più fronti e in breve tempo non poteva non alterare preesistenti equilibri di potere e non colpire interessi vasti e ramificati. La mia azione in Asia centrale e in Afghanistan, in particolare,mi ha attirato la diffidenza e poi l’ostilità di una parte del governo e del sotto-governo (anche segreto) britannici.
Questo sotto-governo (segmenti di diplomazia, servizi di sicurezza e burocrazia dello sviluppo) pretendeva di conoscere in anticipo e di indirizzare ogni attività dell’UNDCP (il Programma sulle droghe) nelle vecchie zone di influenza inglesi. Al mio rifiuto di sottostare alle direttive di Sua Maestà, è seguita una lenta escalation di malumori e diffamazioni veicolate tramite lettere anonime, documenti falsi ed una campagna di stampa del “Financial Times”. Sono stato più volte ‘avvertito’dal Rappresentante del Regno Unito presso l’ONU di Vienna, John Freeman, da varie lettere e telefonate anonime, e perfino da un giornalista del Financial Times, di fronte a testimoni. Numerosi ‘avvertimenti’dello stesso tenore sono stati lanciati ai direttori di vari uffici UNDCP in Asia ed America Latina, nonché al mio capo dello staff.
Ambasciatori di potenze amiche del Regno Unito mi hanno riferito riservatamente circa “piani di neutralizzazione” del mio operato in Asia centrale ed Afghanistan, e circa “lungi coltelli” che venivano affilati al Palazzo di Vetro contro di me e le mie attività interne ed esterne alle Nazioni Unite. Sono in possesso del dispaccio riservato relativo ai “lunghi coltelli”.
L’atteggiamento degli altri stati membri nelle sedi ufficiali a proposito di questi attacchi è stato univoco: nessuno spazio è stato lasciato alla campagna di discredito, e si sono moltiplicate le espressioni di apprezzamento. Non esiste un solo documento votato dalla Commissione sulle droghe (il Parlamento del Programma sulle droghe, dove sono presenti tutti i finanziatori ed i beneficiari degli aiuti, e dove si discute e si approva il budget dell’Agenzia) che suoni come critica al mio operato. In molti discorsi del Segretario Generale Kofi Annan si trovano specifiche lodi a me e al mio lavoro. Lavoro considerato, (assieme a quello di Mary Robinson, l’ex Alto Commissario per i diritti umani), come la prefigurazione dell’ONU del futuro.
Ho di certo suscitato grande malcontento all’interno della burocrazia, per via dei movimenti di personale connessi alla politica di decentramento,all’abolizione di sprechi e privilegi interni, e al non rinnovo di alcuni contratti a funzionari scadenti, che si sentivano però intoccabili perchè provenienti da paesi ricchi. Le accuse rivolte nei miei confronti dai due accusatori, il mio cosiddetto numero 2, Schulenburg, di nazionalità tedesca, ed il sig. Tony White, ex-agente di polizia inglese, non erano disinteressate. Li avevo appena licenziati dall’UNDCP. Schulenburg, che non è mai stato numero 2, ma un semplice direttore di divisione, l’ho mandato via perché era titolare di una fabbrica di mattonelle in Iran, dove aveva servito prima di arrivare a Vienna, in violazione delle regole ONU che proibiscono severamente la conduzione di affari nei paesi nei quali si esercita. Il secondo accusatore era stato mandato via per scarso rendimento e in seguito all’unanime giudizio negativo sulla sua performance da parte dei suoi supervisori.
Entrambi, una volta cacciati, si sono dedicati ad una attività di diffamazione contro di me, i cui echi sono arrivati in Italia, tramite il partito radicale e la pubblicazione di dossier che elencavano le mie presunte malefatte. Il principale di questi dossier - il cui contenuto è stato pubblicato da “La Repubblica” nel dicembre 2000 – era interamente falso. Si trattava di un allegato - non firmato, e privo di un riferimento nel documento principale- alla lettera di dimissioni di Schulenburg (inviatami dopo aver appreso di essere stato cacciato).
Le inchieste che ho sollecitato dopo l’inizio degli attacchi non hanno confermato alcuna delle denunce. L’accusa più grave - quella di avere assegnato ad un amico velista un progetto di circumnavigazione del mondo allo scopo di diffondere un messaggio antidroga - è caduta: si è accertato che non c’erano né l’amico né il progetto. Il capitano svedese che doveva salpare con il messaggio antidroga era per me un perfetto sconosciuto, e lo studio di fattibilità che avevo ordinato prima di impegnare il programma nell’impresa di circumnavigazione si era concluso negativamente. Io stesso, perciò, avevo deciso di non realizzare l’iniziativa, nonostante essa fosse stata concepita dall’UNICEF e sponsorizzata da altre agenzie ONU, quali l’UNDP (UN Development Programme), la ITU (International Telecommunication Union), l’IMO (International Maritime Organization). Tutte le altre accuse, veicolate da scritti anonimi o falsi, erano talmente fantasiose ed inconsistenti da essere liquidate in poche righe nel rapporto di indagine scritto dagli auditors interni delle Nazioni Unite. Basta pensare che l’accusa di favoritismi verso gli italiani, contenuta in un anonimo, si riferiva a persone che lavoravano all’ONU vari anni prima del mio arrivo.
In conclusione, le indagini interne mi hanno scagionato da ogni accusa. Nessun provvedimento disciplinare è stato preso contro di me né contro altri, e non hanno avuto luogo punizioni o rimproveri di alcun genere verso alcuna delle persone oggetto nella campagna di denigrazione. Il mio contratto con l’ONU è stato rinnovato, e la decisione di lasciare l’organismo è stata interamente mia. Diverso esito hanno avuto i ricorsi presentati dal sig. Tony White contro il “malgoverno” di Arlacchi. Essi hanno seguito la strada della giustizia interna dell’ONU, e sono arrivati fino allo stadio del dibattimento e della sentenza presso il Tribunale Amministrativo. Il sig. Tony White chiedeva di essere indennizzato e riassunto in servizio perché il suo licenziamento sarebbe stato un mio attacco preventivo, teso ad evitare le sue denunce di cattiva gestione.
Con la sentenza definitiva del 25 luglio 2003, il Tribunale ha rigettato nella sua interezza l’istanza di White, perché infondata.