Il Quotidiano della Calabria, 27 gen. 2013
di Pino Arlacchi
Caro Direttore, il suo editoriale dell’altro ieri così sintetizzava lo scandalo della mancata valorizzazione dei beni culturali calabresi: “Ambiente, paesaggio, archeologia piuttosto che essere il fulcro di un grande progetto culturale, tecnico e politico sotto la bandiera del “bene comune” vengono gestiti all’insegna delle combriccole e delle amicizie”.
Condivido in pieno, ma devo aggiungere che la situazione ancora più seria. Il grande progetto da lei evocato esiste già, ma non è stato attivato. Si tratta addirittura di una legge regionale approvata due anni addietro proprio per farla finita con decenni di combriccole ed amicizie. La legge che istituisce il Progetto Magna Graecia ha dato vita allo strumento di buongoverno che può trasformare il giacimento archeologico calabrese da zavorra a leva fondamentale dello sviluppo. Ma appena creata, questa legge è stata messa in un angolo e trasformata in un pezzo di carta come tanti.
Le cose sono andate così. Ho dedicato al Progetto Magna Graecia buona parte del mio impegno di Parlamentare europeo con radici calabresi. E ciò sulla base di una precisa scelta, cui ero obbligato anche dalla mia professione di sociologo. Questa professione mi dice che la Calabria ha tre carte strategiche da giocare per uscire dall’ arretratezza e ricongiungersi all’Europa. La prima carta è già disponibile, ed è l’Università della Calabria, che è la migliore del Sud e viaggia su standard europei. Le altre due sono solo potenziali e consistono, appunto, nei suoi beni culturali e nel Porto di Gioia Tauro.
Pochi si rendono conto della scala delle risorse di cui stiamo parlando. Giacimenti culturali calabresi e Porto di Gioia sono tra i maggiori del Mediterraneo e dell’ Europa, capaci di far decollare senza fatica una piccola regione di 2 milioni di abitanti. Quando anche uno solo di questi due asset inizierà a mostrare il suo potere di traino e si collegherà all’ Università, la Calabria comincerà ad uscire dagli anni-secoli bui.
Il Progetto Magna Graecia è nato come un’associazione di Comuni detentori di significativi lasciti archeologici e decisi a valorizzarli. Ho promosso questa associazione nel 2009, in un clima di acuta frustrazione. Nessuno dei soci voleva includere la Regione nel progetto, nonostante fosse la Regione a gestire i fondi europei occorrenti per operare. Questa chiusura era ben motivata. La mancanza di sensibilità del governo Loiero per questo argomento era scoraggiante. La prova? Un assessore alla cultura serio e capace come Sandro Principe era stato estromesso nel 2007, dopo aver tracciato le linee operative dell’ uso dei fondi necessari per Sibari antica, l’archeologia magnogreca, la protezione e il recupero dei beni culturali. Tutte le cose di cui parliamo ora mentre piangiamo sulle rive del Crati. Sei anni dopo.
Il centro sinistra perse, giustamente, le elezioni e nel 2010 è arrivato il centrodestra di Scopelliti. Con la nuova amministrazione si creò subito una buona intesa: sia il Presidente che il nuovo assessore alla cultura, Mario Caligiuri, un collega professore che conoscevo e stimavo da tempo, si dichiararono favorevoli all’idea di riqualificare i beni magnogreci. Di fronte alla nostra richiesta di accedere ad una modesta quota dei fondi POR come associazione di comuni, invece di nicchiare, rilanciarono su tutta la linea.
Perché non creare una sinergia Regione-Unione europea per il bene della Calabria, lavorando assieme per investire i fondi già esistenti per l’ archeologia ed ottenerne di nuovi grazie al mio impegno presso Parlamento e Commissione europea?
Ci sono programmi speciali direttamente gestiti da Bruxelles, come i grandi progetti superiori ai 50 milioni di euro, nei quali Progetto Magna Graecia entra come il coltello dentro il burro, una volta acquisita la credibilità di base.
Accettammo con entusiasmo la contro-proposta. La sua realizzazione comportava la creazione di una società in-house, composta al 51% dalla Regione e al 49% dai comuni promotori, che avrebbe dovuto ricevere una dotazione iniziale di circa 30 milioni di euro per le attività di protezione, promozione e messa in valore anche identitaria della cultura magnogreca calabra, collegandola a quella della Grecia, del Mediterraneo e del resto del mondo tramite le nostre comunità all’estero.
Il progetto era nell’ interesse generale della Calabria, e doveva mantenere il carattere bypartisan, anzi overpartisan, delle origini. E così fu. Contattammo tutti i partiti, e la legge istitutiva fu approvata senza difficoltà, e all’unanimità, nel dicembre 2010. Anche l’opposizione PD e IDV sostenne l’ iniziativa, che sembrò davvero un piccolo miracolo in una regione rissosa ed autolesionista come la nostra.
Il circolo virtuoso, purtroppo, si è fermato qui. Nel momento del fare, cioè quello di intaccare sul serio le incrostazioni che hanno sempre impedito di costruire qualcosa di buono in Calabria, tutto si è bloccato. Mario Caligiuri si è rivelato un amministratore debole e inconcludente. Un intellettuale della Magna Graecia nel senso non elogiativo della battuta, interessato solo alle piccole cose, che ha trascinato i piedi per un tempo così lungo da farsi tagliare una dopo l’ altra, dal governo centrale e dall’ Unione europea, le voci del suo budget. Oltre 70 milioni di euro destinati ai beni culturali buttati via dalla finestra. Una cifra impressionante, con la quale si sarebbe potuto non solo mettere a regime tutto il patrimonio archeologico della Calabria, ma accrescerlo, portando alla luce una città perduta come Thurii, la seconda Sibari ricostruita dopo l’inondazione del Crati nel 510 a. c.
Il corpaccio ammalato della burocrazia regionale, poi, ci ha messo di suo, amplificando l’ incapacità amministrativa dell’ assessore. Il risultato è che Progetto Magna Graecia attende ancora i suoi fondi dotazione. Abbiamo ricevuto solo qualche spicciolo per la sopravvivenza elementare.
Ciononostante, sono andato all’UNESCO per iniziare le complesse procedure per il riconoscimento del nostro patrimonio come bene dell’ umanità. Abbiamo organizzato con mille difficoltà finanziarie una Mostra di alcuni tesori dei nostri musei al Parlamento europeo, ottenendo un prestigiosissimo invito a replicarla subito a Roma, nel Museo di Castel Sant’Angelo, il luogo più visitato dopo i Fori Imperiali, ed altri inviti internazionali. Non accettati per mancanza di risorse.
A questo punto è necessario che sia il Presidente della Regione ad avocare a sé l’intera materia, tentando di riparare i danni e recuperare il tempo perduto. Non vedo altre soluzioni nell’ immediato. Occorre anche coinvolgere tutte le energie della Calabria interessate a porre il nostro grande passato davanti a noi. E qui il suo giornale può svolgere un ruolo decisivo.
Grazie dell’ospitalità.