Bruxelles, 25 nov - (Agenzia Nova) -
intervista di Mario Capato
Fra pochi anni l’Ue potrebbe pentirsi delle scelte che sta facendo nei confronti della Turchia: è giunto il tempo di rimuovere una volta per tutte gli ostacoli posti alla sua adesione. Lo stesso discorso vale per la Serbia, un paese che avrebbe già dovuto far parte del club europeo da molti anni. E’ quanto sostiene in un’intervista a “Nova” Pino Arlacchi, eurodeputato del Partito democratico italiano, membro della commissione Esteri ed ex vice segretario generale delle Nazioni Unite. Di ritorno da una missione in Turchia, Arlacchi racconta di avere avuto “un’ottima impressione” del paese.
“La Turchia è molto più avanti di quello che immaginiamo e di quanto le istituzioni comunitarie siano disposte ad ammettere. Il paese ha fatto passi da gigante e se l’Europa insiste con un atteggiamento di chiusura si ritroverà tra qualche anno a supplicare la Turchia di entrare nell’Ue”. Ma non persistono problemi che precludono la possibilità di fare passi in avanti nei negoziati di adesione all’Ue?
“Certo c’è la questione dei diritti umani e delle limitazioni alla libertà di espressione, si verificano ancora troppi arresti di giornalisti. Ma è un quadro in continuo movimento. Nella nostra missione le autorità turche non hanno negato l’esistenza di problemi, anzi, li capiscono e sono impegnati nel risolverli”.
Ankara ha poi realizzato una riforma giudiziaria “che ha portato il paese ad avere un sistema quasi identico a quello dell’Italia e della Francia”. Sulla questione cipriota, Arlacchi dice “di essere stato colpito dalla flessibilità del governo turco e dalla volontà di arrivare a un compromesso onorevole”. Il parlamentare italiano ha poi sottolineato come ben presto i rapporti di forza cambieranno: “I turchi si preoccupano sempre meno dell’opinione dell’Ue, sanno che in pochi anni raggiungeranno i livelli di prodotto interno lordo dei paesi europei più grandi. Se non elimineremo le barriere che abbiamo messo al loro ingresso nell’Unione, ritroveremo Ankara sempre più proiettata verso Est piuttosto che verso Ovest”.
Ma la forte resistenza di alcuni governi europei, a partire da quelli di Parigi e Berlino, sembra sbarrare la strada a ogni progresso. Vede possibili cambiamenti nel breve termine? “In Germania e in Francia avremo presto delle elezioni. In caso di vittoria socialista sarà possibile riaprire il dossier, perché molte barriere verranno meno. Dobbiamo liberarci da ogni pregiudizio sulla Turchia”. Nel caso in cui
Bruxelles continui a tenere distante Ankara, non potrà che aumentare la sfiducia dei turchi nell’Ue e “c’è il rischio che il paese subisca i contraccolpi dei movimenti più nazionalisti”.
Ma le resistenze nei confronti del processo di allargamento non sono limitate alla Turchia. La Serbia sembra essere vicina ad ottenere lo status di paese candidato all’Ue, ma alcuni paesi membri mantengono delle riserve. “Quello che abbiamo fatto alla Serbia è vergognoso, sarebbe dovuta entrare nell’Unione insieme alla Slovenia. Sono i due stati più avanzati dei Balcani occidentali – afferma Arlacchi –. Le
perplessità di alcune capitali non hanno ragion d’essere. Sul Kosovo, Belgrado sta dimostrando moderazione e sta avendo un atteggiamento negoziale”.
L’eurodeputato ricorda che alla Serbia “è stato tolto un pezzo di territorio, azione che contraddice i principi delle moderne relazioni internazionali. E’ stata una violazione fatta dall’Europa, non c’era alcun bisogno di sostenere l’indipendenza del Kosovo, si poteva trovare una soluzione diversa. Ad esempio con un’autonomia pressoché totale, ma dentro i confini della Serbia. Adesso la soluzione finale
sarà probabilmente la partizione, ma sarà un altro pasticcio, oltre a quello che già è stato fatto”.
Secondo Arlacchi, dunque, “le opposizioni all’adesione della Serbia nell’Ue non hanno una vera motivazione e verranno meno con il prossimo cambiamento politico nei paesi più ostili”. Lo stesso discorso vale per il resto della regione balcanica. “Il progetto europeo senza allargamento non ha senso – conclude l’eurodeputato –. Certo l’adesione di nuovi paesi porta dei problemi, ma è meglio avere i problemi di un’Unione che cresce e si allarga piuttosto di una fortezza che si chiude”.