Pechino, Pino Arlacchi ad AgiChina 24

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"La Cina non ha nessuna voglia di seguire gli Stati Uniti nella visione che gli Usa hanno del terrorismo e che cercano di esportare altrove”

AgiChina24, L'intervista del corrispondente da Pechino Antonio Talia

Pino Arlacchi, Criminologo internazionale, ex direttore della UNDCCP, racconta i risultati raggiunti all'International Forum on Crime and Criminal Law in the Global Era, che si e' tenuto a Pechino ad ottobre.

Pechino, 15 nov. - “La Cina non ha nessuna voglia di seguire gli Stati Uniti nella visione che gli Usa hanno del terrorismo e che cercano di esportare altrove”: il parlamentare europeo Pino Arlacchi, criminologo internazionale, ex direttore della UNDCCP (ufficio dell’ONU per il controllo delle droghe e la prevenzione della criminalità organizzata) racconta così i risultati raggiunti all’International Forum on Crime and Criminal Law in the Global Era, che si è tenuto a Pechino alla fine di ottobre.

Di cosa si è discusso nel corso del Forum?

Il tema di quest’anno era il terrorismo, al forum hanno partecipato criminologi provenienti da tutto il mondo, ai massimi livelli. Sono rimasto colpito dall’apertura su un tema così delicato, dove paesi non democratici come la Cina dovrebbero avere una prospettiva ben diversa dalla nostra. Alla fine del forum, siamo riusciti a raggiungere l’accordo su una definizione condivisa di terrorismo. Mi sembra che sul tema i cinesi siano alla ricerca di una linea che, da un lato, li faccia stare insieme ai BRIC, e dall’altro li avvicini all’Europa.

Quali sono i contenuti dell’accordo raggiunto?

Si è parlato molto di fine del terrorismo, di declino inesorabile di Al Qaeda, di crescita di nuove forme di terrorismo legato più a fatti locali che vengono esaltati da internet e da fatti globali. Soprattutto, non c’è più nessuna resistenza a parlare di terrorismo di Stato, che fino a poco tempo fa era un argomento tabù. Qui addirittura lo ha proposto la delegazione cinese, e tutti gli altri delegati hanno accettato e approfondito.
Abbiamo raggiunto un accordo sulla caratterizzazione del terrorismo come fenomeno politico ben distinto da tutto il resto, ma anche come un fenomeno ormai segnato, in declino, e che tende a ibridarsi sempre più con la criminalità organizzata. Qui c’erano due posizioni: i delegati che dicevano che è un ibrido nuovo, e invece chi sosteneva che non si tratta di un’ibridazione al 50%-50%, ma che invece i gruppi criminal - basandosi su mercati e pezzi di società molto consistenti- in questo blend hanno già preso un sopravvento nettissimo. Quindi non c’è una vera e propria ibridazione, non si crea un fenomeno nuovo, ma è la criminalità organizzata che prende il personale del terrorismo in disarmo, ne acquisisce le tecniche, come ha sempre fatto, ma resta quella che è.

In che cosa la linea cinese e quella europea si sono allontanate da quella statunitense?

C’è stata grande opposizione di tutti ai più recenti sviluppi americani: violazione delle leggi internazionali attraverso l’uso di droni e gli assassinii mirati. Tutti i delegati hanno evocato l’incubo di un mondo in cui cadono i confini delle giurisdizioni nazionali, e un gruppo di Stati può costruire i suoi droni e andare a eliminare di qua e di là quelli che ritengono essere nemici della sicurezza nazionale. Poi abbiamo convenuto sul forte ridimensionamento dell’allarme terrorismo, troppo esagerato dei media sul terrorismo. E infine i processi ai terroristi: rifiuto dell’applicazione della pena di morte extragiudiziale a chiunque venga sospettato di terrorismo.

Ritiene che il sistema giudiziario cinese sia pronto a recepire queste idee?

Chiaramente la Cina è un’autocrazia, una dittatura, ma i barlumi di un sistema giudiziario più moderno e più efficiente in Cina ci sono. Gli studiosi cinesi coi quali ho parlato sostengono che sulla questione della pena di morte c’è una moratoria di fatto: la applicano in casi rarissimi e secondo loro non è lontano il giorno nel quale la aboliranno. Sarà questione di anni, ma quella è la direzione. Io credo che man mano che la Cina diventerà egemone, via via che l’alternatività della Cina agli Stati Uniti crescerà, i cinesi avvieranno questa riforma. Il progresso non può che giocare a favore del miglioramento del sistema giudiziario cinese.

di Antonio Talia
 

 
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