Mafia, contadini e latifondo nella Calabria tradizionale
di Pino Arlacchi
Il Mulino (1980)
Metto a disposizione dei lettori del sito il mio studio sulle strutture economiche e sociali del Mezzogiorno tradizionale Mafia, contadini e latifondo nella Calabria tradizionale. Le strutture elementari del sottosviluppo, pubblicato nel 1980 per la casa editrice Il Mulino, e nel 1983, in inglese, con il titolo Mafia, Peasants and Great Estates. Society in Traditional Calabria.
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Perché non c'è la Mafia in Sardegna
di Pino Arlacchi
AM&D (Cagliari, 2007)
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Gli uomini del disonore
di Pino Arlacchi
Il Saggiatore, (Milano 2010)
Questo libro è nato da un incontro tra uomini divisi in tutto: nascita, formazione, valori. Da un lato Pino Arlacchi, uno dei massimi esperti mondiali del fenomeno mafia, dall’altro Antonino Calderone, mafioso di spicco della «famiglia» di Catania e poi grande pentito. In un rifugio messo a disposizione dalla polizia, Calderone ha deciso di ricordare. E raccontare.
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Addio Cosa Nostra. La vita di Tommaso Buscetta.
di Pino Arlacchi
Rizzoli (Milano, 1994)
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21 mag. 2010
A proposito della riapertura delle indagini sull’attentato dell’Addaura, è utile per i lettori di questo sito avere presente le pagine della mia postfazione alla nuova edizione de “Gli uomini degli disonore”, nelle quali metto in evidenza come sia stato proprio Giovanni Falcone a non avere dubbi sulla matrice politica e sugli esecutori dell’attentato stesso.
Il 19 giugno 1989 la scorta di Falcone sventa un attentato contro il giudice, preparato nella villa sulla scogliera dell’Addaura dove Falcone risiede in estate. Solo pochissime persone erano al corrente, quel giorno, dei suoi spostamenti. Le dichiarazioni di Giovanni Falcone subito dopo l’attentato sono premonitrici: «Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa Nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi».
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La Repubblica, 11 febbraio 2010
Di Rodolfo Di Giammarco
Chi è Antonino Calderone? Un uomo mite, non portato per carattere ai delitti, pur trascinato a sporcarsi le mani dalla storia familiare e dall'intimità col fratello mafioso di rango, diventato a un certo punto un boss di Cosa Nostra catanese, sconfitto però poi dai Santapaola, costretto a rifugiarsi in Francia, arrestato, deciso a collaborare con la giustizia, pronto a raccontare.
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Il caffè della domenica
«MI CHIAMO Antonino Calderone, ho cinquantasei anni e ho parecchie cose da dire sulla mafia»
La Nazione, 7 febbraio 2010
di Sergio Colomba Roma
«MI CHIAMO Antonino Calderone, ho cinquantasei anni e ho parecchie cose da dire sulla mafia». Pino Caruso, seduto in palcoscenico davanti a un registratore, inizia a parlare con voce bassa. Il tono dimesso, velato da una discrezione che lo rende quasi distaccato e assente, stride con le cose terribili che sta per raccontare. Comincia così la confessione del boss un tempo potente, controllore degli affari della mafia catanese: quello che nel settembre del 78, quando Nitto Santapaola gli fa uccidere l'amico Pippo Calderone che si era messo contro i corleonesi, si schiera a sua volta. La sua famiglia perde la guerra, il fratello Giuseppe viene ammazzato; lui scappa in Francia, dove apre una lavanderia. Viene scoperto e arrestato, fa qualche anno di carcere poi decide di collaborare entrando con la famiglia nel programma di protezione. Giovanni Falcone va in Francia a sentirlo, più volte: le sue clamorose rivelazioni portano a più di duecento arresti.
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Roma, 16 gennaio 2010
Le opere e i giorni di un mafioso, e il mondo arcaico e brutale di Cosa Nostra siciliana non erano mai stati fatti rivivere a teatro con la stessa vividezza, intelligenza e profondità dell’ interpretazione di Pino Caruso. Egli è riuscito a compiere un’impresa che sembrava impossibile: generare una narrativa sulla mafia italiana all’ altezza di quella sulla delinquenza organizzata degli Stati Uniti. “Mi chiamo Antonino Calderone” è in grado di reggere il confronto con il capolavoro di Mario Puzo, con la serie televisiva dei “Sopranos” e con il film di Martin Scorzese su “Quei bravi ragazzi”.
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9 gennaio 2010
La Repubblica
di Laura Nobile
"Mi chiamo Antonino Calderone" confessione di un mafioso pentito - Al Bellini
L'attore porta in scena il monologo scritto da Dacia Maraini e tratto dal libro di Arlacchi
Una confessione-fiume, che ha già in sé una cadenza teatrale. La storia di un'affiliazione mafiosa dettata da una storia familiare che non lascia scampo, ma vissuta quasi dall´esterno, con un senso di inevitabile necessità. "Mi chiamo Antonino Calderone" di Dacia Maraini è la nuova produzione del Teatro Biondo che alle 21 debutta in prima nazionale al Bellini, diretto e interpretato da Pino Caruso.
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Relazione del Professor Pino Arlacchi al Convegno "Intelligence e scienze sociali"
Università della Calabria, 26 set. 2009
Il rapporto tra intelligence e scienze sociali è sempre molto tormentato. C’è una sorta di competizione tra le due entità che scaturisce dalla convinzione che i servizi di sicurezza siano i depositari di informazioni che i normali cittadini non riescono ad avere mentre la storia ci dimostra che per le grandi cose, i grandi trend, non c'è esercito, polizia, né servizi di sicurezza che tengano. La loro individuazione è al di fuori della portata di questi ultimi. Mentre la scienza sociale applicata, quella delle università e dei centri di ricerca liberi da ogni vincolo, talvolta ci azzecca, come vedremo.
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