Il Quotidiano della Calabria, 11 giu. 2012
di Pino Arlacchi
Quanto accaduto l’altro ieri ha dell’incredibile. Il commissario del Partito Democratico calabrese ha preteso di sospendere e rinviare sine die il congresso PD senza alcuna previa consultazione con i dirigenti regionali, contro il parere dei candidati alla segreteria regionale e senza alcuna valida motivazione. Tutto ciò all’improvviso, a mezzo conferenza stampa, scimmiottando le peggiori pratiche dei partitelli personali.
Il PD ha certo molti difetti. Ma non quello di avere un proprietario. Il PD, inoltre, è partito federale, e basta scorrere fugacemente il suo statuto per avere la misura del rispetto delle autonomie locali che lo ispira.
I candidati alla segreteria, i parlamentari, i sindaci e gli amministratori, gli iscritti e i militanti che hanno partecipato con passione alla preparazione del congresso sono in rivolta. Il sig. D’Attorre, un funzionario che non è stato eletto da nessuno e il cui mandato era solo quello di facilitare l’iter congressuale, si è permesso di trattarli come gente da nulla, res nullius pronta a ingoiare senza fiatare un insulto di queste dimensioni. Molti hanno rilevato come l’offesa alla dignità dei cittadini calabresi che si riconoscono nel PD era nell’aria da un po’ di tempo, e si intuiva dietro i traccheggiamenti intorno alle scadenze, dietro la drammatizzazione delle diversità delle posizioni e dietro i riferimenti alle imperscrutabili “intenzioni romane”.
Altri ancora hanno osservato con amarezza come in nessun'altra regione italiana ci si sarebbe potuti spingere fino a questo livello di deriva coloniale: solo in Calabria si poteva pretendere di calpestare le pratiche democratiche e di squalificare il fisiologico confronto delle linee interne a un partito in nome della ricerca di un “candidato unitario”, cioè unico.
Avete letto bene. Candidato unico. Perché questo è proprio ciò che è accaduto. A 23 anni dal crollo del comunismo sovietico, lo straccio di motivazione con la quale si è preteso di rinviare senza data il congresso del partito democratico della Calabria è che c’era troppa conflittualità interna ed era meglio rimandare. Come se finora si fosse scherzato. Come se da due anni non si fosse svolta una discussione interna dai modi e dai toni ineccepibili. Come se non si fossero presentate candidature onorevoli, pronte a confrontarsi, misurarsi ed accettare il risultato. E come se ci fosse un membro del Politburo intitolato a stabilire qual è il grado ammissibile di conflitto di una assemblea di cittadini. Come se la Calabria non fosse anch’essa, dopotutto, un pezzetto di Occidente.
Ma forse il fondo è stato toccato. La reazione che ha subito preso corpo in ogni angolo del Partito Democratico della Calabria, ma soprattutto dentro la sua base, colpita nel suo orgoglio e nei suoi diritti fondamentali, è corale e potente. A nome di una vasta piattaforma di iscritti e dirigenti, ho chiesto al Segretario del partito, garante per eccellenza delle regole e dello Statuto, un incontro urgente con una delegazione del PD calabrese finalizzato a ripristinare il calendario congressuale, votando al più presto per il segretario e gli organi dirigenti. Si è in tempo per correggere la rotta, e dissipare la nube scura che sta avvolgendo il popolo del centrosinistra in Calabria.