Teleradioerre.it, 18 mag. 2014
L'editoriale di Micky De Finis
Salve.
Se qualcuno non ancora lo ha compreso è meglio ribadirlo sino alla noia: in questa nostra Italia le cupole non sono mai state abbattute, anzi si sono riprodotte ed agiscono in maniera disinvolta, sotto il sole pallido dell’Expo di Milano.
Tangenti, ruberie, affari loschi e squallidi. Tutto come se nulla fosse mentre il Paese si interroga per l’Europa, perché tra un po’ si vota.
Allo sconforto di queste notizie così laceranti, che spezzano le speranze dei giovani e rimandano in alto mare le aspettative di una nazione ormai in affanno, si aggiunge poi lo scontro interno alla magistratura milanese, assolutamente inopportuno perché il momento è grave e se anche i magistrati perdono la necessaria serenità, rimane difficile riprendere il governo di una situazione che è esplosa ma che va comunque gestita.
Che Bruti Liberati e Robledo non possano più coesistere nello stesso ufficio è chiaro come il sole, d’altro canto come può lavorare in serenità un procuratore sconfessato dal suo aggiunto? Ma è il Consiglio Superiore della Magistratura che deve restituire serenità a quegli uffici giudiziari che hanno messo le mani su una nuova tangentopoli, una vergogna che ci riporta ai primi posti nella classifica dei paesi in cui crescono le imprese che fabbricano corruttele.
I politici corrotti sono la nuova mafia, dice senza giri di parole Pino Arlacchi, un deputato europeo che di mafia se ne intende perché è una vita che la combatte.
Mentre si sparavano i titoloni sulle cosche calabresi del Nord che facevano affari da pochi milioni di euro, i politici corrotti si spartivano torte da miliardi di euro usando le cosche come paraventi e facile bersaglio dell’indignazione collettiva.
I fatti sono noti alle cronache del mondo intero. Scajola, Matacena, Dell’Utri, Cosentino, presidenti della Regione Sicilia condannati per associazione mafiosa. La politica corrotta ha dunque riguadagnato la supremazia sulla mafia, colpita dalle indagini e dall’allarme pubblico.
E’ ora di correggere questo strabismo mediatico ed istituzionale che ha permesso ad una nuova mafia di crescere indisturbata, questa la denuncia dell’onorevole Pino Arlacchi.
Ora come si può reagire, con quali armi si può difendere lo stato di diritto attaccato in maniera così violenta e cinica?
Una chiave di lettura che agevoli a capire il fenomeno che nuovamente abbiamo di fronte può cogliersi nelle parole del procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Potenza Massimo Lucianetti, parole pronunciate nel corso dell’inaugurazione del suo anno giudiziario.
La spregiudicata pubblica immoralità non si limita più ad evidenziare i costi illeciti della politica e dei funzionari corrotti ma pone, sotto implacabili riflettori, tutto lo squallore di un accattonaggio di pubblico danaro, proteso a soddisfare le più disparate, minute esigenze personali, a confronto del quale sembra paradossalmente rifulgere la dignità criminale degli storici percettori di tangenti.
L’ossatura dello Stato, indebolita e anchilosata, è chiamata oggi a combattere la sua sfida più dura. Da più parti s’alzano invocazioni di cambiamento e nel contempo si fa appello alle giovani energie per più incisive e coraggiose scelte della cosa pubblica.
Dunque nelle parole di questo alto magistrato, risuonano i temi della concezione etica della politica e della vita pubblica perché da essa dipendono la stessa efficienza del nostro sistema democratico e la credibilità internazionale del nostro Paese.
Il degrado è tale che sarebbe grave, fuori tempo e fuori luogo, sostenere, sulla scia della teoria dei distinti di crociana memoria, l’anteriorità della politica alla morale, la sua amoralità, con il diritto ridotto ad ancella dell’economia, dice Lucianetti.
Ecco la confusione morale che abbiamo sotto gli occhi per rilanciare e riconoscere il primato dell’etica e della vita pubblica, perché la legalità è una condizione ancor prima che un valore.
Così come sostiene Arlacchi nel suo impegno pubblico che lo ha portato in Italia e nel mondo a dedicare tutta la sua vita alla lotta per la giustizia, per la sicurezza delle persone, un lavoro il suo delicatissimo, preziosissimo.
Potrei fare a meno di tanti colleghi. Non potrei mai fare a meno di Pino Arlacchi, sono parole di Giovanni Falcone che insieme a Borsellino ottennero dall’impegno di Arlacchi la creazione della Direzione Investigativa Antimafia, da lui concepita e ideata.
Basterebbe questo per apprezzare il lavoro di un uomo che ha saputo onorare il mandato politico ricevuto, come ha fatto Pino Arlacchi nel Parlamento Europeo ogni giorno, inseguendo le risoluzioni più audaci, più nuove, più moderne.
Ovviamente, per fare tutto questo ci vuole coraggio e serve soprattutto buon senso, come questo bravo parlamentare ha saputo dimostrare in campo con il suo impegno politico.
D’altro canto, senza il buon senso non c’è vera virtù. (Lichtenberg).