Come i lettori possono constatare, il resoconto della riunione del Pd regionale che si è svolta il 15 ottobre a Lamezia Terme, conferma in pieno la mia presa di posizione espressa nell'intervista al Quotidiano della Calabria
L'intervista, di Massimo Clausi, 16 ott.2012
«Quanto accaduto a Vibo Valentia è un segnale molto serio dello stato in cui si trova il Pd»
Pino arlacchi, europarlamentare e responsabile del dipartimento politiche internazionali del Pd è uno che non usa il politichese e le cose non le manda certo a dire. È amareggiato per come vanno le cose nel partito che descrive in uno stato di "disagio molto serio" e per lui questa situazione ha un nome e cognome ben preciso: Alfredo D'Attorre, il commissario mandato da Roma.
«Lo stato di disagio che vive la base del partito è molto grande, aggravato dalla scelta irresponsabile del commissario di non aver fatto celebrare i congressi. Bene hanno fatto quelli di Vibo Valentia ad auto-convocarsi, piuttosto mi meraviglio che altri non abbiano fatto lo stesso».
Ma perché non si sono celebrati i congressi?
«Lo chieda a D'Attorre perché io non l'ho capito. Le motivazioni adottate sono risibili "perché ci sono troppi candidati?" Che dovevamo fare un congresso sovietico? ».
Però è vero che quello calabrese è un partito estremamente sfilacciato...
«Se non ci sono occasioni di discussione pubbliche e aperte, non vedo come si possa riuscire a trovare una sintesi. La verità è che D'Attorre ha ben altri obiettivi. Ma io credo abbia fatto i conti senza l'oste: se la legge elettorale dovesse sancire un ritorno alle preferenze i suoi piani andranno in fumo. E con un listino accanto alle preferenze credo che ci sarà la richiesta di primarie».
Perché ce l'ha tanto con il commissario?
«Primo: per come interpreta il ruolo. Lui è stato mandato qui da Roma per far celebrare i congressi nel rispetto delle regole dello statuto. Invece i congressi sono stati rinviati e D'Attorre agisce come se fosse segretario regionale del partito. Interviene sulla linea politica, organizza riunioni alle quali convoca due giorni prima chi dice lui. Io, ad esempio, non ho mai avuto il piacere di essere stato chiamato ad uno di questi incontri. Il secondo motivo è tutto politico.Io sono bersaniano della prima ora e credo che D'Attorre stia facendo il gioco di Renzi. Rinviare i congressi significa alimentare il malcontento e il disagio, due fattori che Renzi sta cavalcando molto bene».
Eppure è stato Bersani a mandarlo qui in Calabria? Il segretario nazionale che dice?
«Lui di queste cose si disinteressa, ha affidato tutto nelle mani dell'apparato del partito che ci ha inviato D'Attorre. È purtroppo una costante del partito nazionale, quando si parla di Calabria, tutti si votano dall'altra parte».
Eppure tempo fa a Lamezia si sono tenuti gli stati generali del partito sul Meridione.
«Lì credo si sia raggiunta l'apoteosi. In primis perché non ha parlato nessun rappresentante locale del partito e poi perché chi ha parlato ha affrontato la questione meridionale con una retorica vecchia di 50 anni. A tacere del fatto che i riferimenti alla Calabria sono stati pochissimi e male argomentati».
Perché male argomentati?
«Io credo che per produrre sviluppo in Calabria bisogna agire su tre leve. La prima è il porto di Gioia Tauro, infrastruttura importante che esiste già. La seconda è l'Università della Calabria, la terza la valorizzazione dell'immenso patrimonio storico-artistico di questa regione che valica i confini della Calabria stessa. Se nonragioniamo su come sviluppare questi tre fattori stiamo discutendo di aria fritta».
Ma lei perché se ne esce ora con queste rivendicazioni?
«Sono europarlamentare, non ho alcuni interesse diretto a candidature. Però le elezioni si avvicinano e dobbiamo fare in fretta a strutturare il partito, alla luce del tramonto di un modello che fino a qualche mese fa sembrava politicamente invincibile».