Intervista all'esperto di crimine internazionale.
Gazzetta del Mezzogiorno, 13 mag. 2009
di Gianluigi De Vito
"In un'economia globalizzata, in ogni porto dove si registrano scambi marittimi in crescita esistono rischi di traffici illegali e di transiti illeciti. Mi meraviglierei se Bari e il suo porto non corressero questi rischi, ma il rischio è in una percentuale nella media rispetto agli altri porti. Non vedo problemi particolari".
Il paradigma di Pino Arlacchi è chiaro. Non sono gli arresti di due stranieri che devono far lievitare la paura. Sarebbe un inganno. Ne ha parlato a lungo nell'ultimo suo libro (appunto L'inganno e la paura. Il mito del caos globale) il sociologo di origine calabrese che ha scalato i vertici dell'Onu (dal 1997 al 2002 è stato vicesegretario generale delle Nazioni Unite e direttore esecutivo del Programma per il controllo delle droghe).
E' una autorità in tema di sicurezza umana, non solo perchè tra il 2006 e il 2008 era uno dei tre esperti chiamati dalla Repubblica popolare cinese a pianificare la sicurezza dei Giochi Olimpici del 2008, ma anche perchè nel 2004, su incarico della Commissione europea, Arlacchi ha redatto il progetto della agenzia antiriciclaggio del Kosovo. E nel 2001, a Palazzo di Vetro, fu uno dei registi del contrasto della produzione di oppio ed eroina in Afghanistan, il paese che fornisce quasi tutta la droga consumata in Europa. La chiacchierata con Arlacchi, 58 anni, parlamentare per due legislature ed ex vicepresidente della Commissione bicamerale antimafia, muove dalla cronaca. E cioè dal fatto che ieri è stato notificato un ordine di carcerazione per terrorismo internazionale a un franco-siriano di religione islamica e a un francese convertito all'islam: sono in carcere a Bari da novembre scorso, quando, dopo essere stati sorpresi su un camper, furono arrestati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. C'è il sospetto, secondo i magistrati, che assieme ad altri undici stranieri abbiano costituito una cellula di Al Qaida in Europa. E Bari potrebbe risultare uno scalo amico per i Signori del terrore. Professore, il capoluogo pugliese è attraversato dalla presenza terroristica. Guai a sottovalutare, no? "Ma non credo, dalle notizie sommarie, che due favoreggiatori di clandestini possano essere terroristi. Un terrorista fa il terrorista, non fa altri traffici". Però i porti sono i luoghi dove si svelano "gomorre" e giri colossali delle holding del crimine. "I porti sono luoghi di transito e quello di Bari lo è da sette, otto secoli. Ma i media ci hanno abituato a notizie da profeti di sventura a basso prezzo che scatenano la paura con connessioni e collegamenti iperbolici. Il terrorismo islamico e di altra matrice hanno dimostrato di avvalersi di fonti prevalentemente diverse da quelle che gestiscono il traffico di vite. I network del traffico di vite possono servire per contrabbandare armi e droga,ma questo accade ovunque e da sempre. Un terrorista non va a rischiare il carcere viaggiando in un camper e favorendo ingressi clandestini". D'accordo,evitiamo la fobia dell'Islam... "...anche perchè notizie del genere hanno prodotto solo l'inflazione della paura". Ma vorremmo capire se Bari è una piattaforma girevole non solo per le economie legali che si sviluppano al di là dei Balcani. "Non abbiamo esempi di basi di grandi traffici. Bari e la Puglia non sono il centro nè della rotta del riciclaggio che ha il suo centro, non a caso, nel Kosovo,né è interessata più di tanto dalla lotta greca dell'eroina dell'Afghanistan". C'è chi guarda con sospetto alla forte crescita dell'islam anche in Puglia.Più moschee uguale più paure,purtroppo. "Più moschee uguale più preoccupazioni solo per i "concorrenti" cattolici o di altre fedi. Non vale altro".