La Stampa, 17 ott. 2009
di Guido Ruotolo
Domande a Pino Arlacchi
di Guido Ruotolo
Pino Arlacchi, eurodeputato di Idv, nei primi anni '90, quelli delle stragi, lei è stato consulente del ministro dell'Interno. Un testimone di quella stagione drammatica. Paolo Borsellino è stato ucciso perchè s'opponeva alla trattativa tra il Ros di Mori e Ciancimino?
"Si sta sopravvalutando tutta la storia. Il rischio è quello di far passare l'idea cara a Riina: le stragi di Stato. Non è così. Le stragi furono opera di Cosa Nostra, che temeva per la sopravvivenza dopo le condanne al maxiprocesso, con la complicità di pezzi pericolosi dello Stato. Se Borsellino avesse attribuito ai contatti tra il Ros di Mori e Ciancimino il valore che oggi si attribuisce, non sarebbe stato in silenzio. L'avrebbe denunciato ai massimi livelli dello Stato".
Dopo la morte di Falcone si avviò una trattativa?
"Credo che contatti tra Stato e Antistato ci siano sempre stati. Passavano attraverso la figura del confidente. Dai tempi del bandito Giuliano certi settori delle forze di polizia hanno sempre utilizzato i confidenti. Falcone era consapevole che il Ros di Mori, in concorrenza con la polizia di Parisi, cercava di recuperare il terreno perduto. Mori era spregiudicato, il Ros attraversava territori molto opachi".